Home
>>
Indice
>>
Camilleri

Composizione e sperimentazione nel rock britannico 1967-1976

:: Home :: :: Indice :: :: Workshop :: :: Ricerca :: :: Chi siamo ::

LELIO CAMILLERI

Loop, trasformazioni e spazio sonoro


Introduzione

Affermare che ci sia un forte legame fra la tecnologia e il progressive rock è come asserire che la terra è rotonda, un’ovvietà che ha però bisogno di un’analisi approfondita per verificare quale siano stati i legami fra tecnologia e produzione musicale nel periodo preso in esame, andando oltre la superficie della tecnologia strumentale. Infatti, a parte i pochi gruppi che usavano strumentazione acustica, adeguatamente amplificata però, il rock è una musica “elettrica” per eccellenza,. Non a caso ci sono alcuni strumenti, in modo particolare, che la rappresentano: prima fra tutti la chitarra elettrica. Inoltre, nel periodo che va dal 1966 al 1976, gli strumenti elettrici - organo, basso, in alcuni casi violino e viola - vengono integrati da altra strumentazione la cui origine risale alle esperienze musicali elettroacustiche degli anni Cinquanta: i sintetizzatori, fra cui quello realizzato da Robert Moog, e il mellotron, un antesignano del campionatore odierno. E’ indubbio, che questo tipo di tecnologia musicale contrassegni questo periodo del rock e alcuni gruppi in particolare: Emerson Lake and Palmer per l’uso del sintetizzatore Moog, i King Crimson e i Genesis per quello del mellotron, per fare solo alcuni esempi.
Oltre a questo tipo di allargamento della tavolozza strumentale, la tecnologia musicale ha conseguenze che vanno al di là del semplice, si fa per dire, arricchimento dell’orchestrazione, influenzando in diversi modi l’immaginazione creativa dei musicisti. In primo luogo, la musica rock, nonostante la stagione dei memorabili concerti, vive nel formato registrazione. I Beatles, antesignani dell’impiego della tecnologia per ampliare gli orizzonti compositivi, lo capiscono subito esistendo, a partire dal 1967, solo come gruppo che produce dischi e non suona più dal vivo. Il fissaggio sonoro in un supporto (Chion, 2004; Camilleri, 2005), la possibilità di catturare, mediante la registrazione, il suono, manipolarlo e diffonderlo in un secondo tempo, diventa una potenzialità che amplia le possibilità compositive dei gruppi musicali. La realizzazione del disco fa diventare lo studio di registrazione come un vero e proprio strumento compositivo (Henry Cow, 1991). Lo studio di registrazione come strumento compositivo implica anche l’esplorazione delle tecniche di manipolazione del suono registrato, l’articolazione dei suoni in uno spazio a metà strada fra l’immaginario e il reale, la possibilità di includere nel discorso musicale tutti gli eventi sonori che ci circondano, compreso quelli che normalmente venivano definiti rumori (Camilleri, 1999). Una delle tecniche che ha caratterizzato varie esperienze del rock di quel periodo è il loop. Anche se la valenza del loop va ben al di là del periodo preso in esame e si estende a quasi tutti i generi musicali che utilizzano il formato registrazione come mezzo di diffusione, essa ha una particolare rilevanza per alcuni gruppi di progressive rock. Pertanto la mia analisi dei rapporti fra tecnologia e musica nel progressive rock del decennio 1966-1976 prenderà in esame i seguenti aspetti:

-         
impiego della tecnica del loop;
-         
trasformazioni sonore;
-         
inclusione dei suoni del mondo reale;
-         
lo studio di registrazione come mezzo di composizione;
-         
la gestione dello spazio sonoro.
Questi aspetti sono legati fra di loro, ma in modo più diretto gli ultimi tre: la manipolazione degli elementi sonori, anche tratti dalla realtà, e la loro gestione all’interno di uno spazio multidimensionale come quello del fissaggio in un supporto non sono altro che un impiego dello studio di registrazione come mezzo per la composizione della musica.


Il loop


La tecnica del loop è strettamente legata all’avvento dei mezzi di registrazione e riproduzione audio e trova la sua applicazione musicale nei primi lavori dell’esperienza della musique concrète di Pierre Schaeffer. Si può anzi affermare che la scoperta del loop, chiamato da Schaeffer (1966) sillon fermé (il solco chiuso del disco in vinile), sia alla base della musique concrète e una causa dell’allargamento della tavolozza sonora a tutti i suoni della realtà che ci circonda. Infatti il loop consiste nella ripetizione meccanica di un frammento registrato, sia esso una sequenza di suoni di strumenti musicali oppure un qualsiasi altro elemento sonoro non strumentale. In quest’ultimo caso, l’effetto che si ottiene è quello di far emergere le qualità musicali di questo elemento sonoro, dato che, il suo ascolto ripetuto fa gradualmente dimenticare le sue origini e il suo contesto reale. La ciclicità del loop si collega in modo molto stretto alle influenze della musica extraeuropea, soprattutto orientale, che venivano recepite da alcune sperimentazioni musicali sia nella musica contemporanea – Steve Reich, Terry Riley, Philipp Glass - che in ambito popular, soprattutto in riferimento al fenomeno della ciclica ripetizione di frammenti sonori.  Due esempi di ripetizioni cicliche ma  non meccaniche si possono trovare nell’ostinato sottostante tutto il brano Baba O’Riley degli Who, titolo non casuale, e nella struttura ripetitiva di We Did It Again nel Volume One dei Soft Machine.
Alcune esperienze fatte da Riley - alle quali aveva assistito Daevid Allen, fondatore dei Soft Machine e successivamente dei Gong - hanno sicuramente spinto i musicisti di questa area ad approfondire le possibilità di impiego musicale del loop. Prima di illustrare queste esperienze, si può tentare una parziale classificazione dell’impiego musicale del loop. Senza avere la pretesa di esaurire le molteplici applicazioni musicali che questa tecnica può avere, possiamo individuare le quattro seguenti tipologie di loop:

- Loop elaborazione;

- Loop testurale;

- Loop strumentale;

- Loop gestuale.
Il loop elaborazione è un tipo di loop che viene utilizzato per realizzare un intero brano o una parte di esso attraverso ripetizioni di frammenti più o meno lunghi con vari gradi di sovrapposizione. Nell’area dei musicisti della cosiddetta Canterbury Scene si possono trovare tre esempi pertinenti. Il primo è un breve brano che chiude la prima facciata del primo disco dei Gong, Camembert Electrique, intitolato Wet cheese delirium. (esempio audio 1) La figura 1 rappresenta in modo esauriente la struttura del brano che è formata da tre loop, di cui uno sicuramente eseguito in retrogrado, sovrapposti con tre punti di entrata successivi. In questo caso, tenendo conto che comunque si tratta di un brano molto breve, il loop forma la struttura del pezzo.


Fig. 1. Sonogramma della struttura di Wet Cheese Delirium

Un esempio più complesso viene da un brano dei Soft Machine tratto da Third (1970), Out-Bloody-Rageous. L’introduzione e la parte finale di questo lungo brano sono formati da strutture sonore realizzate mediante la sovrapposizione di loop. E’ interessante soffermarsi sull’introduzione che, con la sua durata, rappresenta quasi un quarto del brano, non è quindi da considerarsi un semplice effetto decorativo ma una sostanziale introduzione della parte strumentale del brano con la quale condivide degli elementi musicali. Mike Ratledge descrive le modalità di realizzazione della parte introduttiva del brano:

“La lunga introduzione di organo a Out-Bloody-Rageous si basa in realtà sulla prima frase del basso eseguita al contrario. Il finale è la stessa parte suonata al pianoforte a velocità differenti più vari altri effetti che potemmo aggiungere sul momento. Ne ero  molto soddisfatto allora. Non so che diavolo mi frullasse per il capo.” (King, 1994)

La linea del basso, suonata in retrogrado da piano e organo, viene trasposta mediante accelerazione o rallentamento; così si generano linee sonore che, in fase di montaggio, vengono sovrapposte e articolate nel tempo in modo da creare un processo di accumulazione, una stratificazione che porta al riff iniziale del pezzo. Nella figura 2 viene evidenziata con un sonogramma l’accumulazione degli strati attraverso la messa in sequenza di alcune istantanee sonore tratte dai quasi cinque minuti dell’introduzione. (esempio audio 2). Durante il convegno di Cremona, Hugh Hopper mi ha confermato che l’intenzione era di rendere omaggio a Riley. Ed è interessante notare come  la ripetizione e l’accumulazione siano anche le proprietà salienti di Rainbow in a Curved Air, l’album che Riley pubblicò nel 1969.


Fig. 2 Un sonogramma di alcune istantanee sonore tratte dall’introduzione di Out-bloody-rageous


L’ultimo esempio di impiego del loop come elemento che articola la struttura di un brano è sempre legato ai Soft Machine e più precisamente al bassista Hugh Hopper, che nella fase finale della sua permanenza con il gruppo, realizzò un album, 1984, in cui il loop è il fondamento di quasi tutti i brani. Soprattutto Miniluv e Miniplenty, i brani più lunghi dell’album, si basano interamente su loop di frammenti di suoni strumentali, di suoni ambientali o di elementi artificiali. In Miniluv i loop vengono sovrapposti e stratificati per creare sia strutture sonore con un lento sviluppo (testurali) sia movimenti direzionali che tendono a fare aumentare la tensione musicale. In alcuni punti la ripetitività propria del loop viene nascosta dal numero delle sovrapposizioni e dalle caratteristiche specifiche dell’evento che viene fatto ripetere ciclicamente. (esempio audio 3).

Il loop definito testurale è un evento sonoro, solitamente di lunga durata, che viene utilizzato come sfondo su cui articolare eventi sonori che invece mutano il proprio comportamento. Troviamo un impiego testurale del loop in Deluge, un brano degli Henry Cow pubblicato nell’album Unrest (1974). Assistiamo qui a una sorta di ripetizione subliminale, che non viene percepita consciamente ma funziona come un punto scome elemento sonoro di riferimento. Infatti il contenuto del loop è una struttura, articolata sia ritmicamente che melodicamente, della durata di 41 secondi, struttura che rappresenta lo strato di base su cui si inseriscono le successioni armonico-melodiche, in parte improvvisate, della composizione. Sebbene la durata del loop non faccia percepire nettamente la ripetizione, un ascoltatore attento scopre che il suo fascino risiede proprio nella relazione fra elementi che si ripetono uguali a se stessi, e che tendono a creare il fraseggio del pezzo, e altri che invece si sviluppano gradualmente. (esempio audio 4).

L’uso di loop strumentali si riscontra in Spaced, un’opera dei Soft Machine concepita per uno spettacolo audiovisivo nel 1969 che è stata recentemente pubblicata su disco. Riff estratti da loro composizioni vengono ripetuti meccanicamente senza alcuna trasformazione delle sorgenti sonore. Il loop strumentale è in relazione stretta con l’uso del sequencing nei sintetizzatori; la creazione di sequenze sonore, perlopiù di carattere ritmico-melodico,  che vengono ripetute in modo ciclico. (esempio audio 5) Il loop gestuale è invece una modalità di impiego della ripetizione ciclica che vuole perturbare una struttura sonora statica o in sviluppo. In alcuni casi essp può avere una funzione decorativa; in altri casi può essere invece impiegato come elemento che emerge dalla superficie sonora. Un esempio musicale che può contenere in qualche modo entrambi gli impieghi è la parte intitolata All sorts of unmentionable things del brano The Dabsong Conshirtoe contenuto nell’album Cunning Stunts (1975) dei Caravan. La sezione conclusiva di questo brano è basata su un riff che viene ripetuto in modo ossessivo il cui unico elemento di sviluppo è una progressione armonica  suonata da una tastiera. I loop sono di varia natura, voci, frasi parlate comprensibili, campane, rumori di vario genere. I loro intereventi tendono a disarticolare la struttura ripetitiva e ossessiva delle sequenze del riff principale; disarticolare la ciclicità attraverso elementi ciclici. (esempio audio 6)

  1 2 3 4 >





1. Introduzione /
Il loop


2. Trasformazioni sonore / Suoni del mondo reale / Lo
studio di registrazione


3. Lo spazio sonoro


4. Analisi di Alan's
Psychedelic Breakfast


5. Bibliografia / Discografia

 

.pdf (1189 kb)

 

English version