MAURO LAMBRONI

 

The Emergent Member State of Slovenia and the Present EU: A "Two-Way European Context"

 

 

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Maggio-Agosto 2009

Anno LXXIV    n. 2

 

 

Riassunto - Il 1° gennaio 2008 la Repubblica di Slovenia ha assunto un ruolo internazionale di primo piano all’interno dell’UE: la Presidenza del Consiglio dell’Unione Europea. Questo evento è il giusto riconoscimento ad un giovane Stato emergente e ad una delle economie di transizione di maggiore successo che, in meno di due decenni di vita nazionale, ha compiuto una straordinaria traiettoria storica che ha visto br il lantemente intrecciare (dal maggio 2004 come membro a tutti gli effetti) le proprie sorti nazionali col progetto di integrazione europea. L’affascinante vicenda slovena ha origine dal collasso della Federazione jugoslava, passando per il raggiungimento dell’indipendenza (dichiarata nel giugno 1991), e ha trovato slancio nei “venti di cambiamento” socio-politici ed economici sprigionatisi in seguito al crollo dei regimi comunisti nell’Europa centro-orientale (simboleggiato dalla caduta del Muro di Berlino nel Novembre del 1989), nonché pieno compimento nell’adesione all’UE. Questo giovane Stato emergente ha dimostrato negli ultimi anni la propria ab il ità e competenza nell’affrontare e gestire sfide importanti, così come una grande capacità di rinnovarsi nel tempo e di poter contare su un elevato consenso popolare. Questi aspetti, rivelatisi vincenti in Slovenia, purtroppo non trovano riscontro, in maniera più estesa, all’interno della sfera delle istituzioni europee. Come ben sintetizzato dall’espressione “two-way context” presente nel titolo, questo elaborato si propone di analizzare la virtuosa crescita slovena all’interno di un più ampio contesto europeo. Di contro, nella maggior parte degli Stati membri, si sta palesando una diffusa disaffezione e insoddisfazione popolare verso le istituzioni dell’UE, e verso un processo d’integrazione ritenuto sempre più imposto dall’alto e distante dalle necessità dei cittadini. Affinché si possa tornare a credere in un grande “sogno europeo” risulta perciò necessario un nuovo progetto condiviso, in cui gli Europei possano rispecchiarsi e sentirsi partecipi, ”uniti nella diversità”, nel quale i comportamenti virtuosi nazionali e gli sforzi compiuti dalla nascita di tale processo non possano risultare vani.