Abstract
Autore:
Skigin Pavel
Titolo:
"Cultural Pitfalls of Summitry: the Issue of nato Non-Expansion at the 1990 German Reunification Bilaterals"
L’articolo esplora come
gli aspetti culturali dei summits della Guerra
Fredda influenzarono la dinamica degli incontri
bilaterali pre-summit a proposito della
riunificazione tedesca del 1990 e analizza
criticamente il punto di vista della diplomazia
professionale. I diversi ambiti di azione
e la diversa cultura politica degli interlocutori,
innanzitutto del presidente sovietico
M. Gorbaciov, del cancelliere tedesco H.
Kohl e del segretario di stato americano J.
Baker, produssero notevoli incomprensioni
e avrebbero agito come fonte di futuri
conflitti, incentrati sulla promessa di non
espansione della nato verso Est e del suo
successivo “tradimento”. La decisione finale
fu interamente nelle mani di Gorbaciov,
che non era un diplomatico professionista e
al quale mancava la comprensione dei costumi
negoziali occidentali, dove il peso di
un accordo orale era drammaticamente diverso
da quello attribuitogli nella tradizione
russa. Inoltre, il leader sovietico considerò
inutile consultarsi con il più esperto corpo
diplomatico sovietico. D’altra parte, solo il
processo decisionale al livello più elevato
rese possibile l’intero accordo, evidenziando
così la dialettica e i dilemmi alla base
del summitry come format di trattativa internazionale.
Poiché l’ampliamento della
nato alle frontiere russe ebbe infine luogo,
la questione della “promessa tradita” rimane
in larga misura politica, svolgendo un ruolo
fondamentale sia nella narrazione ufficiale
russa del post-guerra fredda, sia nella discussione
di quegli eventi nel mondo accademico
e nei media occidentali. Ogni punto
di vista riguardo la veridicità della “broken
promise” è ancor oggi legato alla dinamica
delle relazioni internazionali contemporanee,
soprattutto in merito al grado di responsabilità
della nato per le recenti attività
militari russe, culminate nell’annessione
della Crimea del 2014.