Fondata da Bruno Leoni
a cura del Dipartimento di Scienze politiche e sociali
dell'Università degli Studi di Pavia
Editrice Giuffrè (fino al 2005)
dal 2006 Editrice Rubbettino
dal 2019 Editrice PAGEPress

Abstract


Autore:
Kuneralp Selim

Titolo:
"Joining the European Union: a Process Underway"

Da quando, nel processo riformistico iniziato in Turchia nell’800, modernizzazione e occidentalizzazione divennero sinonimi, la Turchia ha scelto i valori dell’Occidente e quelli dell’Europa in particolare. Di qui il suo precoce interesse negli sforzi per costruire un’Europa unita. Il suo diritto ad appartenervi è stato sancito nell’art. 28 dell’Accordo di associazione del 1963 ed è ormai parte dell’"acquis communautaire". Il Protocollo Addizionale firmato dalla Turchia e dalla Comunità nel 1970 (in vigore dal 1973) prevedeva l’unione doganale tra le parti, primo passo verso la piena integrazione, suscettibile di dimostrare la capacità dell’economia turca di sostenere la competitività con l’industria europea. Fase non fine a se stessa dunque, ma intermedia del processo di integrazione, della durata di 22 anni, dopo la quale l’Associazione tra la Turchia e la Comunità avrebbe dato il via allo status di membro. Larga parte dell’acquis communautaire venne adottato dalla Turchia nel processo di completamento dell’Unione doganale concluso nel 1995. Con favore fu considerata dalla Turchia l’integrazione dei paesi del blocco sovietico che ebbe luogo alla fine della Guerra Fredda; di fronte ai criteri di Copenhagen (Summit EU del 1993) e alle precise condizioni politiche che essi comportavano, la Turchia non chiese l’adesione ma il semplice riconoscimento dello status di candidato. Ferendola profondamente, la riunione dei Lussemburgo del dicembre 1997 gliela negò, segnando il nadir nelle sue relazioni con l’UE. Sarà il Consiglio di Helsinki del dicembre 1999 a incaricarsi di correggere gli errori commessi e a a qualificare dello status di candidato una Turchia che ha già recepito interamente il 10% e parzialmente il 25% dell’acquis e che sotto il profilo più propriamente politico sta realizzando importanti riforme — peraltro richieste dal suo stesso elettorato — nel settore legale, nel sistema politico e nel campo dei diritti umani. La sistemazione negoziale dello stesso problema di Cipro dovrebbe avvantaggiarsi dello status di candidato, oggi sostenuto anche dalla Grecia. Il difficile compito che fronteggia la Turchia nel processo di accesso alla UE sarà comunque reso più facile se l’UE le darà quel sostegno (in un nuovo Piano Marshall?) spesso promesso ma raramente concesso. In ogni caso Helsisnki, assicurando alla Turchia le più ampie prospettive europee, ha anche dimostrato che l’UE non intende essere una fortezza chiusa in se stessa ma al contrario, intende aprirsi alle diverse culture, arricchendosi nelle sue diversità.