Abstract
Autore:
Di Comite, Girone, Grubanov Boskovic
Titolo:
"Population in Transition: the case of Latin America and the Caribbean "
L’America latina ed i Caraibi rivelano discrasie nel
processo transizionale tutt’altro che trascurabili: i
cambiamenti, infatti, sono avvenuti in un quadro di
compressione temporale ed in momenti non sempre coincidenti.
Il 15% circa della popolazione latinoamericana vive in paesi
a transizione demografica conclusa; mentre quasi la totalità
della popolazione (80%) vive in paesi più o meno prossimi ad
una fase terminale della transizione demografica; infine la
percentuale residuale (5%) è costituita dai paesi a regime
demografico in gran parte ancora tradizionale e da quelli
che, pur in presenza di guadagni in termini di mortalità,
presentano ancora un’alta natalità. Nell’ambito del lavoro,
dunque, viene analizzata l’evoluzione della popolazione
dell’America latina e dei Caraibi per il periodo che va
dall’inizio degli anni Ottanta ai nostri giorni,
evidenziando le eterogeneità che si osservano all’interno
dell’area, tanto a livello globale, quanto a livello di
singoli fenomeni (fecondità, mortalità infantile,
invecchiamento della popolazione, migrazioni, etc.). Tali
discrepanze discendono essenzialmente dai differenti gradi
di evoluzione della “demografia” dei paesi che fanno capo
all’area di riferimento: Cuba, almeno per quel che concerne
la fecondità, è in uno stadio di avanzata “seconda
transizione demografica” con bassi livelli di fecondità e
una speranza di vita alla nascita significativamente
elevata; altri paesi come, ad esempio, Costa Rica, Cile e
Uruguay sono in fase di arrivo; paesi, invece, come Haiti e
Bolivia vivono ancora nella c.d. fase dello “sviluppo
accelerato” della prima transizione demografica e che, per
tale motivo, conservano un livello del TFT ancora sostenuto
ed una bassa speranza di vita. Infine, con riferimento alla
componente migratoria il nostro ambito territoriale oggetto
di studio, presenta, eccezion fatta per Costa Rica e
Venezuela, un cospicuo saldo negativo con il “Resto del
mondo”, con flussi emigratori che tra le destinazioni
prediligono gli Stati Uniti d’America da un lato e l’Unione
europea dall’altro.