JOHN G. LANDELS, Music
in Ancient Greece and Rome, London
and New York, Routledge, 1999
Nel campo degli
studi classici, ben poca attenzione hanno suscitato in
passato le problematiche relative alla musica, che pur fu
una componente essenziale di quel mondo. Lesiguità
e frammentarietà dei monumenti musicali, non anteriori
alletà ellenistica in alcuni casi, a quella
imperiale nella stragrande maggioranza,1 hanno
contribuito a radicare lopinione che inutile fosse
il tentativo di ricostruire le modalità di esecuzione
sonora della poesia antica, limitando il campo dindagine
scientifica alle strutture metrico-ritmiche delle liriche
e del dramma antichi e, in taluni casi, alla
trattatistica teorica.
Gli ultimi anni, per fortuna, hanno visto un incremento
degli studi in questo campo. Il convegno urbinate del
1985 intitolato La Musica in Grecia
ha riunito per la prima volta specialisti del settore in
campo internazionale e filologi classici, come Bruno
Gentili, che proprio grazie ad interessi metrici si erano
in più di una occasione avvicinati a determinate
problematiche.2 Da allora si
sono fatti numerosi passi in avanti: per citare solo le
tappe più importanti, Andrew Barker ha pubblicato due
splendidi volumi che raccolgono in traduzione inglese il
panorama pressochè completo delle testimonianze e dei
trattati teorico-musicali in lingua greca,3 Martin L. West
ha scritto un pregevole manuale che può oggi
considerarsi un punto di riferimento imprescindibile per
chi voglia avvicinarsi allo studio della musica greca
antica,4 per non parlare
del notevole impulso dato agli studi sugli strumenti
musicali dai lavori di Annie Bélis5 e di Martha Maas
e Jane McIntosh Snyder.6
La fine del secondo millennio ha visto realizzarsi
ulteriori iniziative degne di nota. Innanzitutto un
secondo convegno internazionale su questioni musicali
intitolato Music and the Muses:
Public Performance and Images of Mousiké in the
Classical Athenian Polis, svoltosi
a Warwick, poi luscita di due importanti volumi
dedicati alla storia della musica nel mondo classico: Apollos
Lyre. Greek Music and Music Theory in Antiquity and the
Middle Ages, ad opera del musicologo
americano Thomas J. Mathiesen, e Music
in Ancient Greece and Rome, per mano
del classicista inglese John G. Landels.
Lautore inglese chiarisce fin dalle prime pagine
quelli che, a mio avviso, sembrano essere i pregi e i
limiti più evidenti del suo lavoro: in prima istanza, unattenzione
particolare è rivolta agli aspetti più pratici
della musica nelle civiltà antiche, soprattutto agli
strumenti musicali e alle loro caratteristiche
strutturali e performative. In secondo luogo la
trattazione non è limitata al mondo greco, ma un ampio
capitolo è dedicato alla musica nella cultura romana e
alle influenze che su questa esercitarono le civiltà
greca ed etrusca. La terza puntualizzazione riguarda limpostazione
del lavoro riguardo alle fonti, che lautore sceglie
di ridurre dal punto di vista dei riferimenti
bibliografici (e ciò che manca più vistosamente al
volume è proprio una bibliografia), presentando
riassunta nel testo tale documentazione limitata, secondo
le parole dello stesso Landels, «to the absolute minimum».
La parte forse migliore del volume è proprio quella
dedicata agli strumenti musicali, in particolare laulós,
cui Landels aveva già in precedenza rivolto la sua
attenzione.7 Accurata è la
descrizione della loro struttura, alquanto numerosi in
questo caso i riferimenti sia a fonti antiche (particolarmente
interessante è il rinvio ad un passo della Historia
Plantarum di Teofrasto che tratta la
preparazione delle ance dalle piante di canna, dal cui
commento scaturiscono considerazioni sullo sviluppo di
tecniche diversificate desecuzione strumentale) che
ad interpretazioni moderne (si veda soprattutto la
sezione dedicata alle ipotesi daccordatura della
lira formulate in questultimo secolo dagli studiosi),
che lautore riferisce e discute criticamente con
grande chiarezza espositiva e pregevole intento didattico.
Una certa attenzione è rivolta qui e in altre sezioni
del volume alla terminologia specialistica, così utile
nel chiarire alcuni aspetti tecnico-musicali ma spesso
trascurata e mal interpretata dagli studiosi,8 mentre i
numerosi riferimenti iconografici sono risolti, dal punto
di vista editoriale, in maniera ingegnosa attraverso luso
di disegni ricalcati sulle raffigurazioni vascolari, i
quali hanno permesso di isolare i particolari più
interessanti e di presentare un più ampio numero desempi
atti a supportare e a chiarificare di volta in volta le
singole questioni affrontate nel testo.
Un argomento di notevole interesse che ripropone una vexata
quæstio di vecchia data è quello
relativo allinterpretazione dello strumento
denominato plagíaulos,
letteralmente aulo traverso, che Nicomaco9 associa e un
passo dAteneo10 identifica con
il phôtinx dorigine
egiziana. Gran parte degli studiosi, tra cui West,
basandosi su un controverso passo di scuola aristotelica
del De audibilibus,11 considerano il plagíaulos
uno strumento ad ancia affine allaulós,
con la doppia ancia (tàs glóttas
plagías) inserita nellimboccatura
ricavata ad uno degli angoli estremi della canna. A parte
la corruttela del testo aristotelico, in cui la
correzione synkrototérais
(cioè che battono insieme, riferito alle
ancie) per sklerotérais
(lett. più rigide) non è affatto sicura,12 ragionevolissime
considerazioni di ordine pratico spingono Landels a
considerare il plagíaulos
un semplice flauto, in quanto in una canna posta di
traverso, il cui diametro è tra laltro (stando
alla documentazione iconografica) di dimensioni alquanto
ridotte, le ance poste nellimboccatura non
avrebbero la possibilità di vibrare:13 aggiungerei che
la stessa posizione delle labbra dello strumentista ben
distinguibile in un mosaico del II sec. d.C. conservato
al museo di Corinto (cfr. nel volume di Landels la fig. 2c.2)
è chiaramente quella di un flautista, visto che la
parziale occlusione dellimboccatura esclude ogni
possibilità che, almeno nel caso specifico, si tratti di
uno strumento ad ancia. Inoltre le connessioni
iconografiche e letterarie dello strumento con il mondo
pastorale avvicinano il plagíaulos
più alla syrinx
che allaulo: in un frammento di Bione esso sembra
infatti identificarsi proprio con la syrinx,
attributo di Pan.14
Per quel che riguarda la parte più specificamente
teorica, Landels mostra di avere ben chiaro il senso
dello sviluppo storico dei principi di teoria
musicale antica,15 ponendosi sulla
scia di West e di quanti prima di lui avevano
sottolineato la fondamentale importanza di una visione
ben storicizzata delle questioni musicali nel mondo
classico.16 Curioso per la
novità di impostazione è invece il capitolo dedicato ai
ritmi, nel quale lautore, guidato dalla stessa
volontà pragmatica già mostrata nel
trattare altri argomenti, tenta perfino una traduzione in
lingua inglese che sia in grado di riprodurre landamento
ritmico delle parole greche. La disarmante semplicità
con cui è confutata lassurda necessità di
correggere le cosidette responsioni impure,
cioè la mancata corrispondenza di lunghe e di brevi in
strutture metriche in responsione (problema che ha spinto
molti filologi ad interventi testuali che ripristinassero
una perfetta rispondenza), deriva anche qui da
considerazioni di ordine pratico: se proviamo ad
immaginare una realizzazione musicale dei ritmi antichi,
afferma Landels, «a scheme which has only two time-values
would seem to be a simplified version of the rhythms,
which may not provide the full facts» (p. 115).
Chiude la sezione propriamente greca un capitolo dedicato
ai miti musicali: se lo spunto è chiaramente
interessante, lo svolgimento dellargomento lascia
forse, in questo caso, un po delusi. Di grande
interesse sarebbe stato non solo compilare un mero elenco
dei miti elaborati dal mondo classico in connessione con
la musica, ma evidenziarne il significato più profondo
in quel determinato ambito culturale. Parlare di Orfeo
senza parlare di orfismo, occuparsi dei mitici auleti
frigi Marsia, Iagnide e Olimpo e dei loro legami con
Cibele senza approfondire il contesto delle musiche
non ufficiali (quelle dei rituali di tipo
estatico in onore di Dioniso e della Magna Mater, per
intenderci) e così via mostra lassoluta mancanza
di un progetto culturale più ampio che ricostruisca il
ruolo svolto dalla musica nellantichità,
delineando un quadro che neppure il capitolo iniziale del
libro, dedicato alle manifestazioni musicali nella vita
sociale e nei contesti poetico-drammatici, sembra
rappresentare con sufficiente accuratezza.
Lultima parte del volume ha il pregio di tracciare
lo sviluppo subito dalle forme musicali del mondo
classico nelletà ellenistica e in quella romana (pur
tralasciando di nominare figure importanti, come quella
di Boezio, che hanno poi traghettato i principi della
teoria antica nel mondo medievale).17 Unampia
sezione è infine dedicata al sistema di notazione, in
cui Landels formula unipotesi interessante sulla
genesi della notazione strumentale dalla pratica auletica,
e a unanalisi approfondita di alcuni tra i più
importanti frammenti musicali.18
Pur segnalando sviste (come lerrore di citazione
della XII Pitica, e non Olimpica, di Pindaro a p. 30) e
vistose mancanze (non vengono indicati i referenti
iconografici delle illustrazioni e mancano le citazioni
bibliografiche di lavori importanti, come larticolo
di Giovanni Comotti sulla mágadis
o quello di Barker sulla heterophonía),19 il lettore anche
occasionale potrà trovare in questo libro, come si
augura lautore, una buona introduzione allo studio
della musica greca e romana che possiede il pregio, non
trascurabile, di essere un testo comprensibile e
immediato.
ELEONORA ROCCONI
1 I
documenti più antichi in nostro possesso sono papiri che
contengono versi euripidei corredati di note musicali, più
precisamente il papiro di Vienna G 2315 (che contiene i
versi 338344 dellOreste)
e il papiro di Leida inv. 510 (in cui si trovano, nellordine,
i vv. 1499-1509 e 784-792 dellIfigenia
in Aulide). La possibilità che tali
musiche siano originarie dello stesso Euripide non è però
dimostrabile con assoluta sicurezza: se tali papiri, come
suggerisce PÖHLMANN, Sulla
preistoria della tradizione di testi e musica per il
teatro, in La
musica in Grecia (cit. alla nota
seguente), sono i copioni di quelle compagnie teatrali
itineranti che tanta parte ebbero nella vita musicale
delletà ellenistica, è più facile ipotizzare che
la musica ivi contenuta sia solo un vago ricordo delle
melodie più antiche (se non addirittura una rimessa in
musica di versi euripidei ad opera degli stessi tragodoí).
2 Gli
interventi sono ora raccolti nel volume miscellaneo La
musica in Grecia, a cura di B.
Gentili e R. Pretagostini, Roma-Bari, Laterza, 1988.
3 ANDREW BARKER, Greek
Musical Writings I: The Musician and his Art,
Cambridge, Cambridge University Press, 1984; Greek
Musical Writings II: Harmonic and Acustic Theory,
Cambridge, Cambridge University Press, 1989. Alcuni dei
trattati contenuti nel secondo volume, come gli Harmoniká
di Claudio Tolomeo e alcuni estratti del relativo
commentario di Porfirio, vengono in tale sede tradotti
per la prima volta.
4 MARTIN L. WEST, Ancient
Greek Music, Oxford, Clarendon Press,
1992. Lapertura di West alle influenze musicali che
lOriente esercitò sul mondo greco resta uno degli
aspetti più stimolanti e fecondi del suo approccio allargomento.
5 ANNIE BÉLIS, Auloi
grecs du Louvre, «Bulletin de
Corrispondance Hellenique», CVIII, 1984, pp. 111122;
Fragments dauloi
in LAntre corycien II,
«Bulletin de Corrispondance Hellenique», suppl. IX,
1984, pp. 176-181; La Phorbéia,
«Bulletin de Corrispondence Hellenique», CX, 1986, pp.
205-218; LAulos phrygien,
«Revue Archéologique», ILVIII 1986, pp. 21-40; Kroúpezai,
scabellum, «Bulletin de
Corrispondence Hellenique», CXII 1988, pp. 323-339; Lorganologie
des instruments de musique de lantiquité:
chronique bibliographique, «Revue
Archéologique», LIII, 1989, pp. 127-142.
6 MARTHA MAAS
JANE MCINTOSH SNYDER, Stringed
Instruments in Ancient Greece, New
Haven and London, Yale University Press, 1989.
7 Una
recensione di questo volume, a cura della scrivente, è
in corso di pubblicazione presso il «Journal of the
American Musicological Society».
8 Cfr. J.
G. LANDELS, The
Brauron Aulos, «Annual of the
British School at Athens», LVIII 1963, pp. 116-119 (materiale
ripreso in una delle appendici del volume); A
Newly Discovered Aulos, «Annual of
the British School at Athens» LXIII, 1968, pp. 231-238; Fragments
of auloi found in the Athenian Agora,
«Hesperia», XXXIII, 1964, pp. 392-400.
9 Per
fare un esempio nel testo in questione, la lunga
digressione sulle possibili motivazioni allorigine
delluso dellaggettivo polýchordos
in riferimento allaulo (cfr. p. 38) avrebbe potuto
essere evitata tenendo semplicemente presente lo sviluppo
semantico subito dalla parola chordé,
che già in Platone (Phil.
56a) ha esteso il proprio significato da quello di corda
a quello di nota.
10 NICOMACO, Enchiridion
243, 16 seg. edizione Jan («toùs
plagiaúlous metà tôn photíngon»).
11 ATENEO, Deipnosophistae
IV, 175e: «Ioba dice che secondo gli Egizi il mónaulos
è uninvenzione di Osiride così come lo è il plagíaulos,
il cosiddetto fotinge». Cfr. il lessico di Esichio, s.v.
phi 1135: «phôtinx:
syrinx, aulo di
loto». Questo strumento si può identificare con quello
descritto da APULEIO, Metamorphoses
XI.9.6 («oblicum calamum ad aurem
porrectum dexteram») nellambito
di una processione in onore della dea Iside.
12 Cfr. [Aristot.]
De audibilibus
801b: «è chiaro anche per quel che riguarda gli auli.
Infatti quelli che hanno ance inclinate [tàs
glóttas plagías] nellimboccatura
[tôn zeugôn]
producono un suono più dolce, ma non ugualmente limpido;
il fiato, infatti, viaggiando cade direttamente in uno
spazio aperto e non è più sottoposto a tensione né
viene contratto, ma si disperde. Nel caso invece delle
ance maggiormente battenti [synkrototérais]
il suono diventa più duro e più limpido, se uno le
comprime maggiormente con le labbra, perchè il fiato
viaggia con più sforzo. Quindi i suoni limpidi [lamprá]
si producono per i motivi appena detti».
13 Così
come non è sicura la correzione zeugôn
(cit. supra) per
il deutéron dei
manoscritti. Su una possibile correzione di sklerotérais
in synkrotetikaís
si veda BARKER, Greek
Musical Writings II,
cit., p. 103, n. 17, dove le glóttas
plagías vengono interpretate (basandosi
anche sul confronto con un passo di Teofrasto) come un
diverso tipo di ancia doppia i cui elementi presentavano
una più ampia angolatura. Non mi sembra, contrariamente
a quanto afferma Landels (p. 71 e relativa nota 5), che
Barker interpreti il passo aristotelico come un sicuro
riferimento al plagíaulos
e che consideri questultimo con certezza uno
strumento ad ancia (in proposito Greek
Musical Writings I,
cit., p. 264, nota 20).
14 Su un
particolare tipo di plagíaulos
egiziano avente un piccolo tubo inclinato nellimboccatura
(elemento che rende più credibile lipotesi di una
presenza dellancia) si veda H. HICKMANN, The
antique cross-flute, «Acta
musicologica», XXIV/3-4 1952, pp. 108-112; più in
generale sugli strumenti egiziani cfr. ID., Musicologie
Pharaonique. Études sur lévolution de lart
musical dans lÉgypte ancienne,
Éditions Valentin Koerner, Baden-Baden Bouxwiller,
1987.
15 BIONE fr. X,7
seg. Gow: «
come Pan inventò il plagíaulos,
Atena invece laulós,
Ermes la chélys,
e il dolce Apollo la kítharis».
16 Si
vedano, ad esempio, le osservazioni a p. 88 relative alla
presunta centralità del tetracordo (non riscontrabile in
modo certo prima di Aristosseno) nel sistema scalare
antico e le pagine dedicate, nello stesso capitolo, alla
ricostruzione delle antiche harmoniae (su questi
argomenti cfr. ELEONORA ROCCONI,
Harmoniai e teoria dei gene
musicali nella Grecia antica, «Seminari
Romani di cultura greca», I/2, 1998,
pp. 345-363).
17 Cfr. la
recensione di R. P. Winnington-Ingram, «Gnomon», XXX
1958, pp. 243247 a M. I. HENDERSON, Ancient
and Oriental Music, in The
New Oxford History of Music, vol. I,
ed. by E. Wellesz, Oxford University Press, London 1957,
pp. 336-403. Non è forse un caso se entrambi questi
studiosi siano ringraziati da Landes in prefazione per la
parte avuta nella propria formazione accademica.
18 La
formazione classica che accomuna gran parte degli autori
di manuali sulla musica greca e romana ha impedito che
venissero approfonditi il passaggio e lo sviluppo dei
principi musicali elaborati dalletà antica in
quella medievale e rinascimentale. Taglio prettamente
musicologico ha invece il sopra citato volume di THOMAS J. MATHIESEN, Apollos
Lyre. Greek Music and Music Theory in Antiquity and the
Middle Ages, Lincoln and London,University
of Nebraska Press, 1999.
19 Cfr. GIOVANNI COMOTTI, Unantica
arpa, la magadis, in un frammento di Teleste (fr. 809 P.),
«Quaderni Urbinati di Cultura Classica», n.s. XV (XLIV)
1983, pp. 5771, e ANDREW BARKER, Heterophonia
and Poikilia: Accompaniments to Greek Melody,
in Mousiké. Metrica, ritmica e
musica Greca in memoria di Giovanni Comotti,
a cura di B.
Gentili e F. Perusino, Pisa-Roma Istituti editoriali e
poligrafici internazionali, 1995, pp. 41-60. La
bibliografia utilizzata da Landels si limita, secondo una
caratteristica comune alla scuola anglosassone, a
pubblicazioni pressoché esclusivamente in lingua inglese.
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