MARCO MANGANI
Alcuni aspetti del cromatismo di
Gesualdo
1.
Lapproccio
analitico al cromatismo gesualdiano si è fino ad oggi
polarizzato attorno a due direttrici, tra loro
sostanzialmente antitetiche: da un lato, la scrittura
cromatica di Gesualdo è stata vista come un fenomeno
sostanzialmente armonico, come deviazione da un percorso
che si pretenderebbe già, di fatto, tonale;1 dallaltro
si è cercato di ricondurre lessenza di tale
scrittura nellambito del contrappunto,
interpretando anche le successioni più audaci come
deroghe operanti allinterno del sistema normativo
della condotta lineare delle parti.2
Se in linea generale pare ormai assodato che la seconda
interpretazione sia nettamente da prediligere, se non
altro per la sua maggior pertinenza storiografica, ci
sembra che anchessa sia suscettibile di qualche
aggiustamento. Sfugge, riteniamo, ad una tale lettura,
che tra una concezione totalmente contrappuntistica (e
modale) ed una totalmente armonica (e tonale) esistono,
nella viva prassi compositiva, delle tappe intermedie,
caratterizzate dallimpiego di strutture verticali
che, in alcuni punti focali dun brano polifonico,
acquistano valore di per sé. Del resto, lo studio della
trattatistica teorica, soprattutto tedesca, del primo
Seicento, ha mostrato chiaramente quanto si andasse
sviluppando in quella fase una coscienza verticale,
spinta fino alla definizione del concetto di rivolto.3
In questo lavoro, cercheremo di mostrare, mediante lanalisi
di alcuni significativi passi madrigalistici di Gesualdo,
come il suo cromatismo possa in certi casi esser
interpretato quale elusione dei procedimenti cadenzali,
elusione motivata più o meno evidentemente dallistanza
di illustrazione del testo poetico. È opportuno, daltro
canto, precisare che lo studio dei procedimenti cadenzali
gesualdiani gode di una letteratura significativa;4 il presente
intervento non intende proporre alcun capovolgimento, ma
si limita a poche esemplificazioni originali.
2.
Roland Jackson5 ha riconosciuto
la centralità di un modello cadenzale, quello con laccordo
di quarta e sesta, come una base normativa rispetto alla
quale avvengono molte delle deviazioni riscontrabili nei
madrigali del principe di Venosa. Tale modello, del tutto
trascurato dalle definizioni zarliniane, è invece
esposto chiaramente dal Vicentino,6 che lo definisce
«allantica», e prevede la preparazione del
ritardo di quarta su tempo forte mediante una quarta su
tempo debole, che risulta in genere (ma non sempre)
inserita in un accordo di quarta e sesta:7
(D
D4+6
D4-3)
G.8
Questo modello
cadenzale è presente in larga parte della produzione
polifonica cinquecentesca, e non per il solo fatto di
venir escluso dalla trattazione di Zarlino può esser
definito uneccezione. In particolare, alla fine del
Cinquecento (a dispetto di Vicentino) questa formula
risulta prediletta nellambito delle forme minori,
dove conosce un ventaglio notevole di possibilità di
realizzazione. Ricordando che il modello cadenzale di
Zarlino prevede tre accordi9 su tre distinti
suoni della voce più grave, il prolungamento del secondo
di essi, che assume laspetto di un pedale, ne
rafforza il senso di tensione; preparando la dissonanza
al proprio interno, inoltre, nella cadenza con quarta e
sesta il penultimo suono sposta allindietro
la realizzazione del terzultimo (nellesempio
sottostante si è scelto un preciso accordo quale
antepenultimo, ma le possibilità sono ovviamente
molteplici):
|
1° |
2° |
3° |
Zarlino |
F (preparazione
della dissonanza) |
G4-3
(percussione e risoluzione della dissonanza) |
C |
Cadenza
con quarta e sesta |
F |
[G
G4+6
(preparaz.) G4-3
(percuss. e risol.)] |
C |
Da ciò consegue
la possibilità di individuare, in alcuni casi, dei tipi
cadenzali che hanno in tutto e per tutto laspetto
di cadenze tonali nel senso più preciso del termine,
secondo la successione sottodominante breve
pedale di dominante tonica. Ecco tre
possibili schemi di cadenza, tratti dal repertorio
mantovano di canzonette a tre voci prodotto nelletà
del ducato di Vincenzo Gonzaga: accanto ad ogni formula,
si fornisce lequivalente in termini tonali :10
-
a.....................................................................................................
C (D D4+6
D4-3)
G3Ø
= IV (V I46
V4-3)
I (es. 1a)
-
b.......................................................................................................
F6 (E7
e4+6
E4-3)
aØ =
IV6 (V7
I46
V4-3)
I (es. 1b)
-
c........................................................................................................
G6Ø
(A7 a4+6
A4-3)
dØ =
II6 (V7
I46
V4-3)
I (es. 1c)
Naturalmente, le
successioni qui presentate costituiscono solo una parte
delle possibilità riscontrate nel campione mantovano; in
particolare, la funzione di sottodominante, chiaramente
emergente, è ben lungi dallessere ancora stabile e
definitiva. Ma ciò che qui preme rilevare è che un
modello cadenzale diffuso conosce molteplici possibilità
di realizzazione, alcune delle quali puntano già verso
la definizione di quella che sarà la cadenza tonale.
Senza contare che lo stesso repertorio di canzonette ci
mostra chiari esempi di cadenze nelle quali il pedale
di dominante è assai più marcato, come in questo
passo di Salomone Rossi, sul medesimo testo del
precedente esempio di Gastoldi (es. mus. 2):
Es7-6
(d6Ø
d8-7
d5+6
d4+6
D4-3)
gØ
3.
Per quanto
concerne il repertorio madrigalistico, una breve disamina
condotta su alcune importanti raccolte ci mostra un
incremento della cadenza con «sincopa tutta cattiva»
nel corso degli anni Novanta del Cinquecento. Per
limitarci alle sole cadenze conclusive, constatiamo che
nei due libri di madrigali a quattro voci di Palestrina
tale formula ricorre sporadicamente: un caso nel primo
libro (1555), dove prevalgono di gran lunga le cadenze
plagali, e tre nel secondo (1586).11 Più istruttivo
risulta il confronto fra i libri IX (1588) e X (1591) dei
madrigali a cinque di Wert:12 nel primo
abbiamo quattro casi di cadenza conclusiva del tipo qui
indagato, mentre nel secondo i casi ammontano a dieci.
Analoga la situazione in Marenzio: dieci casi nella
raccolta del 1588, quattordici nel VII a 5 (1595), dove
non mancano esempi di pedale prolungato.13
Queste considerazioni, pur bisognose del supporto di unindagine
sistematica sul fenomeno,14 consentono di
ritenere che, allepoca di Gesualdo, laspettativa
dellascoltatore in relazione ai procedimenti
cadenzali si fondasse ampiamente anche sulla percezione
del pedale e del suo trattamento conseguente;
e dunque, che in presenza di tale fenomeno e secondo le
esigenze espressive del testo, si ritenesse quanto mai
efficace il ricorso a meccanismi di elusione, avvertiti
come altrettante cadenze fuggite. Fuggite
in senso zarliniano, rispetto ad un modello che
zarliniano non è. Né daltra parte si può pensare
che lattenzione particolare richiamata dalla fase
cadenzale, oltretutto in unepoca assuefatta alle
realizzazioni strumentali, non si appuntasse oramai anche,
se non principalmente, sulla dimensione verticale.15
Vediamo allora alcuni esempi, tratti dai libri quarto,
quinto e sesto di Gesualdo, che possono esser intesi come
altrettanti casi del fuggir la cadenza con quarta e
sesta.
4.
Sul madrigale Languisce
alfin,16 del quinto libro,
esistono alcune interessanti considerazioni analitiche,
specie per quanto concerne la cadenza finale.17 In particolare,
si è detto che questo brano mostra «debolissime tracce
di definizione tonale» e che in esso «non [
]
compare una sola cadenza perfetta».18 Vale la pena,
tuttavia, di considerarne più attentamente i punti di
articolazione. A bb. 3-4 si ha la conclusione del primo
endecasillabo («Languisce alfin chi da la vita parte»),
con una cadenza che non può esser definita imperfetta,
a meno di non ritenere che perfetta, in questambito
stilstico, sia la sola cadenza V-I (come sembra fare
Lowinsky). Eccone la formula accordale (es. mus. 3a):
cis6
fis7->6
E.
Come si vede, si
tratta di una cadenza alla quale può esser imputata
unicamente lassenza di quella che Meier chiama
clausula basizans;19 essa conferma
subito pienamente, in realtà, la finalis
del brano, anche se risulta attenuata dal simultaneo
avvio della frase successiva. Lo stesso endecasillabo
viene poi interamente riesposto, e concluso alle bb. 8-9
con una cadenza analoga, ma questa volta a re
(es. mus. 3b):
h6
e7->6
D4-3.
La presenza del
ritardo sullultimo accordo introduce tuttavia un
elemento di ambiguità, che consente anche la seguente
interpretazione:
e7->6
D4-3
[G];
ossia, si può
intendere il procedimento come una cadenza sospesa a sol
(dora in avanti, si racchiuderà
tra parentesi quadre il mancato traguardo duna
cadenza sospesa o fuggita).
Più avanti, è possibile interpretare come variante dun
procedimento cadenzale la conclusione delle parole «laffligge
sì», alle bb. 13-14, solo che se ne consideri la
struttura accordale (es. mus. 3c):
fis5+6
(G g4+6)
gis6.
Possiamo
intendere il tutto come una cadenza a do,20 resa con la
sesta minore (mib)
sopra il quinto grado, e poi fuggita
cromaticamente, per evidenti ragioni espressive. Le
stesse ragioni espressive inducono poi Gesualdo a
riproporre lintera struttura come secondo termine duna
progressione (batt. 14-15), producendo così un grande
allontanamento verso sib,
dallesito ancora una volta fuggito (es.
mus. 3d):
E
(F f4+6)
fis6.
Del tutto analoga,
ma al tempo stesso più articolata e complessa, si
presenta la conclusione musicale in corrispondenza delle
parole «che in crude pene more». Vediamone, alle bb. 16-18,
la struttura accordale (es. mus. 3e):
h
(
D D4+6
D) (Cis<6
cis4+6
Cis) [fis]
Possiamo leggere
questa successione come un innesto di due successive
cadenze fuggite, una a sol e
laltra a fa#;
questultima risulta fuggita in quanto sospesa (ed
è significativo che la frase musicale successiva si apra
proprio con un fa#
del basso21). Anche questa
struttura è replicata in progressione: ecco la
successione degli accordi alle bb. 19-20 (es. mus. 3f):
(G
G4+6
... G) (Fis<6
fis4+6
Fis) [h],22
interpretabile
come il susseguirsi di due cadenze fuggite,
rispettivamente a do
e a si.
Anche in questo caso, come si vede, la scelta di
procedimenti cromatici, o comunque comportanti
accostamenti accordali audaci e inconsueti, si spiega
perfettamente in base ai concetti espressi dal testo
poetico.
Proviamo adesso a considerare ordinatamente quanto visto
fin qui nellambito di questo decimo madrigale del
quinto libro. Se lesordio stabilisce subito la finalis
del modo di mi,
i procedimenti successivi, che abbiamo qui inteso come
elusione di altrettante formule cadenzali, ruotano tutti
attorno ai gradi do
e sol. In
particolare, la progressione di bb. 13-15 si presenta
come un allontanamento dal do,
mentre quella di bb. 17-20 si configura come un
susseguirsi di aspettative deluse, in relazione,
rispettivamente, al sol
e al do. Certo,
linsistenza sul sol
privilegia un grado non tra i primissimi, nellordinamento
gerarchico del frigio, e tuttavia non certo peregrino; il
do, poi,
costituisce la corda di recita dellautentico, cosa
che si mostra in perfetta coerenza con lambitus
del tenore di questo brano.
5.
Un altro esempio
interessante di indebolimento del centro tonale
mediante una progressione di cadenze fuggite si riscontra
nel madrigale Tu muccidi o
crudele,23 sempre dal
quinto libro. Ben poco dellinizio di questo brano
lascia supporre il modo di la
che si ricava dalla cadenza finale. Se consideriamo
tuttavia la successione accordale delle bb. 7-9 (es. mus.
4a),
H
(E e4+6)
e a d7
G,
constatiamo il
consueto meccanismo della «sincopa tutta cattiva», che
può esser inteso come la mancata realizzazione di una
cadenza a la,
giustificata ancora una volta dal testo («damor
empia homicida»). Segue un grande allontanamento,
dovuto alla ripetizione del medesimo schema a distanza di
sesta (es. mus. 4b):
G
(C C4+6)
C f b7
Es.
Il primo termine
di questa progressione è anche il primo riferimento al
centro tonale la
che troviamo nel corso del brano. Poche battute prima (4-5)
troviamo un altro pedale che dà luogo alla seguente
successione di accordi (es. mus. 4c):
(G
G4+6
G7
G4+6).
Tale procedimento
può esser riferito ad un mancato traguardo costituito
dal do, che
costituisce un grado importante dal punto di vista modale.24
6.
Vediamo ora un
esempio tratto dal sesto libro, precisamente dal
madrigale Io pur respiro.25 Alla battuta 16
troviamo la seguente successione (es. mus. 5a):
(d
D4+6
D4-3),
corrispondente
alle parole [E tu]
pur vivi. Alla
battuta 17, dopo una pausa in tutte le voci che
costituisce il fuggire la precedente cadenza
a sol, prende
avvio dallaccordo F6
il completamento della frase precedente («o dispietato
core?»). Questa invocazione (es. mus. 5b) costituisce
ancora un grande allontanamento dal sol
fuggito in precedenza e si chiude con la seguente cadenza
sospesa:
D6
(cis4+6
Cis).
Ad una nuova pausa
generalis segue ancora uno
slittamento cromatico verso laccordo C6,
che sottolinea lesclamazione («Ahi») dalla quale
prende avvio la frase successiva (es. mus. 5c); questa
frase recupera, nella sua conclusione, il tanto sospirato
sol, raggiunto
per mezzo duna progressione di quinte discendenti (E
A D G) trattata omoritmicamente («di
riveder il nostro amato bene!»).26 Ancora una volta,
lelusione (sia pur temporanea) dun traguardo
fa perno sulla cadenza con quarta e sesta e rende
perfettamente ragione del procedimento cromatico.
7.
Come ultimo
esempio, proponiamo la cadenza conclusiva del madrigale Or
che in gioia credea (seconda parte:
«O sempre crudo Amore»).27 Lessenza
di questa conclusione sta nellespressione del testo
(«amando languisca») mediante una cadenza frigia con
clausole scambiate (fa
sol al
basso, lab
sol allalto).
Tuttavia, se prescindiamo per un momento dal basso,
constatiamo che il tenore presenta il consueto pedale di re
(il brano è in sol
con sib
in chiave). Sempre prescindendo dal basso, avremmo la
seguente successione accordale (es. mus. 6):
Es6
(D D4+6)
d<5,
vale a dire,
ancora un procedimento che evita la cadenza dopo averne
impostato laccordo di quarta e sesta.
Lintervento del basso trasforma però il D4+6
in G, e la cadenza nel suo complesso da fuggita in frigia
rovesciata, concludendo con la successione f>6
G.
Un caso del genere, analizzato nel modo che qui si è
proposto , ci mostra quanto sia sottile in Gesualdo larte
dellespressione che passa attraverso la
manipolazione dei procedimenti cadenzali; e senza bisogno
di ricorrere a concetti anacronistici come quello di Molldominante.28
8.
Proviamo a questo
punto a proporre una conclusione.
Lessenza dei procedimenti cromatici con funzione di
rinvio, o indebolimento, della cadenza consiste nel
presupporre alcune norme (ma sarebbe forse più
giusto parlare di abitudini dascolto)
rispetto alle quali tali procedimenti costituiscono delle
deviazioni. Le deviazioni, daltra parte, sono
avvertibili come tali solo da chi quelle abitudini abbia
acquisito, potendo così operare il confronto necessario.
In altre parole, non sembra che il cromatismo di Gesualdo
sia da considerarsi come un fenomeno dirompente, ma
piuttosto come lestrema manifestazione duna
tendenza espressiva insita nel madrigale tardo destrazione
più elevata.29 In questo senso,
loperazione di Dahlhaus, che ha riportato lessenza
delle audacie gesualdiane ai consolidati meccanismi della
scrittura contrappuntistica, è stata di fondamentale
importanza. Tuttavia, accanto alle norme legittimate dallambito
della teoria scritta, la composizione musicale poggia
anche sulle acquisizioni dellesperienza di cui lepoca
dellartista è permeata. Questo, ci sembra, è il
caso del meccanismo cadenzale con «sincopa tutta cattiva»,
un fenomeno che Gesualdo può (più o meno coscientemente)
aver dato per acquisito e rispetto al quale ha posto in
opera quelle deviazioni che gli ascoltatori avranno
vissuto come altrettante metafore musicali.
1 Si veda
a tal proposito EDWARD E. LOWINSKY, Tonalità
e atonalità nella musica del XVI secolo,
in ID., Musica del Rinascimento. Tre
saggi, a cura di Massimo Privitera,
LIM, Lucca, 1997, pp. 3-115, in part. pp. 70-74; e JOHN CLOUGH, The
leading tone in direct chromaticism: From Renaissance to
Baroque, «Journal of Music Theory»,
I, 1957, pp. 2-21. La posizione di Clough, tuttavia, è
forse meno radicale di quanto fosse apparsa a Carl
Dahlhaus.
2 CARL DAHLHAUS, Il
cromatismo di Gesualdo, in Il
madrigale tra Cinque e Seicento, a
cura di Paolo Fabbri, Il Mulino, Bologna, 1988, pp. 207-228.
Si veda anche PAOLO CECCHI, Cadenze
e modalità nel «Quinto
libro di madrigali a cinque voci»
di Carlo Gesualdo, «Rivista
Italiana di Musicologia», XXIII, 1988, pp. 93-131.
3 BENITO V. RIVERA, German
music theory in the early 17th century. The treatises of
Johannes Lippius, UMI, Ann Arbor,
1980. Si veda anche ledizione moderna di JOHANNES LIPPIUS, Synopsis
of New Music (Synopsis
musicae novae), ed. by Benito V.
Rivera, Colorado College Music Press, Colorado Springs,
1977.
4 Oltre a
CECCHI, Cadenze
e modalità, cit., si vedano: GLENN WATKINS, Gesualdo.
The man and his music, 2nd
ed., Clarendon Press, Oxford, 1991, pp. 185-194; KARIN WETTIG, Satztechnische
Studien an den Madrigalen Carlo Gesualdos,
Peter Lang, Frankfurt a. M. etc., 1990, pp. 169-198; ROLAND JACKSON, Gesualdos
cadences: Innovation set against convention,
in Musicologia Humana. Studies in
honor of Warren and Ursula Kirkendale,
ed. by Siegfried Gmeinwieser, David Hiley, Jörg
Riedlbauer, Olschki, Firenze, 1994, pp. 275-289; JOHN H. ANDERSON, The
cadence in the madrigals of Gesualdo,
UMI, Ann Arbor, 1999.
5 JACKSON, Gesualdos
cadences, cit., p. 279.
6 NICOLA VICENTINO, Lantica
musica ridotta alla moderna prattica,
Barrè, Roma, 1555 (facsimile ed. by Edward E. Lowinsky,
Bärenreiter, Kassel 1959), II/6, f.
30v. In
realtà, qui Vicentino non si occupa di cadenze, ma del
trattamento delle dissonanze in generale; tuttavia più
avanti (III/24, f.
51v) si
legge che «alcuni altri hanno usato et usano la sincopa
della cadentia tutta cattiva; questo non è moderno».
7
Mediante la notazione alfabetica tedesca si indica sempre
la classe daltezze del basso reale. Una lettera
senza ulteriori indicazioni indica laccordo di
terza e quinta; la lettera maiuscola indica la terza
maggiore, la minuscola la terza minore (C = do
mi
sol, d = re
fa
la, etc.). Con
6 in esponente, si indicano gli accordi di
terza e sesta (C6
= do mi la, e6
= mi sol do, etc.: salvo indicazioni
ulteriori, quindi, la lettera, maiuscola o minuscola,
indica anche il modo della sesta), con 4+6
quelli di quarta e sesta (C4+6
= do fa
la, a4+6
= la re fa,
liniziale indica il modo della sesta), con 4-3
e 7-6 i ritardi seguiti da risoluzione, con
7 gli accordi di settima. Labbassamento
si indica con <, linnalzamento con
> (d<5
= re fa
lab, e>6
= mi sol
do#, etc.).
Il simbolo Ø indica che, nellaccordo,
non è presente alcun altro intervallo oltre quello
espressamente indicato dallesponente, a parte gli
eventuali raddoppi dottava (C3Ø
= do mi
do, etc.).
8 Esiste
anche la possibilità che il ritardo sia preparato da una
quarta vuota: (D D4Ø
D4-3)
G. Inoltre, nelle cadenze dello stile tardo (Gesualdo,
ma anche Marenzio) la quarta tutta cattiva saccompagna
spesso ad altre dissonanze, che tolgono prevedibilità
alle formule conclusive.
9 GIOSEFFO ZARLINO, Istitutioni
harmoniche
di nuovo in molti luoghi migliorate
,
Francesco dei Franceschi Senese, Venezia 1573 (facsimile
Gregg Press, Ridgewood, 1966), III/51-52. Sullargomento
si vedano anche SIEGFRIED HERMELINK, Über
Zarlinos Kadenzbegriff, in Scritti
in onore di Luigi Ronga, Ricciardi,
Milano Napoli, 1973, pp. 253-273 e STEFANO LA VIA, Natura
delle cadenze e Natura contraria delli modi,
«Il Saggiatore Musicale», IV/1, 1997,
pp. 5-51.
10 Gli
esempi sono tratti dal repertorio di cui lautore
del presente saggio si è occupato nella dissertazione
dottorale Per unanalisi delle
forme minori tra Cinque e Seicento. Indagine su un
campione mantovano, Università di
Bologna, anno accademico 1996/97. Per le edizioni: SALAMONE ROSSI, Complete
Works, ed. by Don Harrán, American
Institute of Musicology, cmm 100, vol. VI, 1995;
di entrambi i libri di canzonette a tre voci di Gastoldi
è in fase di realizzazione ledizione critica a
cura di Isabella Grisanti (che vedrà la luce per i tipi
della LIM di Lucca). Ringrazio la curatrice per aver
consentito la consultazione delle trascrizioni.
11 GIOVANNI PIERLUIGI DA PALESTRINA, Il
libro primo dei madrigali a quattro voci,
a cura di Raffaele Casimiri, Scalera, Roma 1939 e id., Il
libro secondo dei madrigali a quattro voci,
a cura di Lino Bianchi, Istituto Italiano per la Storia
della Musica, Roma, 1965.
12 GIACHES DE WERT, Opera
omnia, ed. by Carol MacClintock, cmm
24/IX-X,
American Institute of Musicology, 1970.
13 LUCA MARENZIO, The
Secular Works,
ed by Steven Ledbetter and Patricia Myers, vol. 7, The
Broude Brothers, New York, 1977 e vol. 14, ibid.
1980. Ancora nel Nono Libro
di Marenzio (1599), pur nel contesto di una concezione
assai varia della cadenza, la quarta tutta cattiva
mantiene unincidenza significativa. Cfr. LUCA MARENZIO, Il
nono libro de madrigali, a cura di
Paolo Fabbri, Suvini Zerboni, Milano, 2000.
14 È
opportuno rilevare, ad esempio, che la cadenza in
questione non sembra essere un procedimento
particolarmente caro al maestro di Gesualdo,
Luzzaschi. Se ne vedano comunque alcuni esempi di varia
foggia in ELIO DURANTE ANNA MARTELLOTTI, Le
due «scelte» napoletane di Luzzasco Luzzaschi,
2 voll., SPES,
Firenze, 1998, vol. II: Itene
a volo, bb. 7-8 (con la sensibile
che salta), p. 48; Ahi cruda sorte
mia, bb. 16-17, p. 51; Vivo
da voi lontana, bb. 19-20, p. 65;
solo per citarne alcune. Che anche Luzzaschi fosse
versatissimo nellarte di manipolar la cadenza è
comunque indubbio: si vedano, ad esempio, la cadenza che
chiude la prima parte di O miracol damore,
p. 80, e quella finale di Dopo lungo
digiuno, p. 92.
15 A sua
volta, il linguaggio di Gesualdo influenza la produzione
strumentale: si veda ROLAND JACKSON, On
Frescobaldis chromaticism and its background,
«The Musical Quarterly», LVII/2 1971,
pp. 255-269, che avanza considerazioni interessanti anche
in relazione a quanto si sta qui trattando.
16 CARLO GESUALDO, Sämtliche
Werke, hrsg. von Wilhelm Weismann (voll.
I-VI) und
Glenn Watkins (voll. VII-X),
Ugrino, Hamburg, 1957-1966, vol. v, pp. 45-48. Dora
in poi ci si riferirà a questa edizione con la sigla GW,
seguita dallindicazione del volume interessato.
17 Cfr. CECCHI, Cadenze
e modalità, cit., p. 102. Sul
soggetto iniziale del madrigale si veda anche JACKSON, On
Frescobaldis chromaticism, cit.,
p. 265.
18 LOWINSKY, Tonalità
e atonalità, cit., p. 70.
19 Non
torniamo sulla legittimità delle pur comode definizioni
di Meier. Per una recente disamina del problema si rinvia
a ELISABETH SCHWIND
MICHAEL POLTH, Klausel
und Kadenz, in MGG,
2a ed.,
Sachteil 5, Bärenreiter, Kassel etc., 1996, pp. 256-282.
20 Lequivalente
del quarto grado innalzato è un fenomeno
comprovato alla fine del Cinquecento. Oltre agli esempi
contenuti nel citato MANGANI, Per
unanalisi, si veda HERMELINK, Über
Zarlinos Kadenzbegriff, cit., p. 266.
21 Su
questo tipo di risoluzione parziale si veda JACKSON, Gesualdos
cadences, cit., p. 281.
22 Da
rilevare la variante di battuta 19, che introduce una
dissonanza espressiva aggiungendo la quinta re
allaccordo di quarta e sesta.
23 GW, V, pp. 60-63.
24 Per i
problemi riguardanti i modi con finalis
a la si veda BERNHARD MEIER, Alte
Tonarten dargestellt an der Instrumentalmusik des 16. und
17. Jahrhunderts, Bärenreiter,
Kassel, 1994, pp. 86-95 e 135-140.
25 GW, VI, pp. 44-48.
26 È un
altro caso in cui Gesualdo intona madrigalisticamente
un frammento di testo senza preoccuparsi del contesto: il
rivestimento musicale di riveder il
nostro amato bene è eufonico, come
si conviene ad un sentimento positivo (e ci si potrebbe
spingere fino ad identificare lamato
bene con il sol,
fin lì perduto di vista). Solo che di rivedere,
qui, non vi è più spene.
Si veda unanaloga considerazione in DAHLHAUS, Il
cromatismo, cit., pp. 207-8.
27 GW, IV, pp. 33-37.
28 Termine
usato nel pur eccellente WETTIG, Satztechnische
Studien, pp. 180-184.
29 Come
corollario, a chi scrive sembra assai più opportuno un
parallelismo Gesualdo/Tardo romanticismo che
non il consueto Gesualdo/Novecento, sebbene
questultimo sia legittimato da una storia
autorevole.
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