Recensione a cura di Daniele V. Filippi

Giancarlo Rostirolla – Danilo Zardin – Oscar Mischiati, La lauda spirituale tra Cinque e Seicento. Poesie e canti devozionali nell’Italia della Controriforma. Volume offerto a Giancarlo Rostirolla nel suo sessantesimo compleanno, a cura di Giuseppe Filippi, Luciano Luciani, Michele Toscano, Danilo Zardin ed Elena Zomparelli, Roma, IBIMUS, 2001 (Studi, cataloghi e sussidi dell’Istituto di Bibliografia Musicale, VI), pp. xvi + 831.

 

Questo volume – promosso congiuntamente dall’Istituto di Bibliografia Musicale, dalla Fondazione Giovanni Pierluigi da Palestrina, dalla Fondazione Italiana per la Musica Antica e dall’Associazione Recercare –, pur consistendo per la maggior parte nella ristampa di studi già noti, costituisce un prezioso strumento per tutti gli studiosi interessati alla cultura dell’epoca postridentina. Il nucleo centrale del libro è formato da sette studi sulla lauda spirituale pubblicati da Giancarlo Rostirolla (tra il 1986 e il 2000) perlopiù in miscellanee ed atti di convegni spesso di prevalente indirizzo storico: la non sempre facile reperibilità di tali pubblicazioni sembra avere finora in qualche misura limitato la ricezione di questi importanti lavori in ambito musicologico, e la loro ripresentazione unitaria è perciò particolarmente benemerita. Gli altri contributi presenti arricchiscono l’interesse di quest’opera, cosicché gli studi di Rostirolla risultano inquadrati in una struttura in cui la volontà di realizzare uno strumento scientifico utile ed adeguato traspare ed intelligentemente prevale sulla logica effimera dell’omaggio. Aldilà, infatti, della dedicatoria iniziale (per mano di Luigi Puliti, presidente della Fondazione Palestrina, di cui Rostirolla è direttore artistico) e dell’affollata Tabula amicorum (in cui si contano oltre 600 nomi), si ha una bibliografia degli scritti di Rostirolla, quanto mai opportuna per la stupefacente eterogeneità delle sedi editoriali, ma soprattutto un’Introduzione ed un saggio dello storico Danilo Zardin, la ristampa con aggiunte e correzioni della bibliografia sulla lauda di Oscar Mischiati ed infine l’utilissima inserzione di un doppio incipitario generale (laudi e "cantasi come") e di un indice dei nomi. Si sentirebbe forse il desiderio di un ulteriore strumento, ossia una bibliografia sistematica ed interdisciplinare degli studi moderni sul repertorio laudistico: le attente e ripetute segnalazioni già presenti all’interno dei saggi e la quantità tutto sommato esigua di studi sull’argomento avranno persuaso i curatori a rinunciarvi. Qualche dubbio sulla bontà di tale scelta affiora, tuttavia, notando ad esempio come uno dei pochissimi interventi analitici su questo repertorio, il classico Narrative and Dramatic Elements in the Laude Filippine di Howard E. Smither non risulti citato nemmeno una volta nell’intero volume.[1]

L’introduzione di Danilo Zardin definisce bene la prospettiva ambiziosa ed attenta alle istanze pluridisciplinari con cui Rostirolla ha condotto le proprie ricerche in quest’area: un «approccio integrale, a tutto campo, alle espressioni della cultura del passato che giungono fino a noi come le voci residue di un fantasma cui si deve cercare di restituire la carne e il sangue» (p. xiv). Tra i meriti di Rostirolla – prosegue lo storico (e, sia detto per inciso, pare di per sé significativo e promettente che sia un non-musicologo ad introdurre una Festschrift musicologica) – va riconosciuta innanzitutto la grande escavazione di materiale bibliografico: tale «vasto censimento» ha consentito di reidentificare progressivamente forme e luoghi dell’utilizzo del repertorio laudistico, verificandone il legame inscindibile con le pratiche di pietà ed istruzione, con i riti, gli esercizi, le ricreazioni proposti soprattutto da ordini religiosi, confraternite ed altre istituzioni dell’epoca. Insieme al valore di questa indagine primaria – rileva condivisibilmente Zardin – si coglie negli studi qui riproposti la capacità di sottolineare le specifiche modalità storiche che hanno favorito la fortuna della lauda, ricostruendo convincentemente un «episodio di storia della cultura musicale moderna» (p. xvi): quel particolare connubio tra la possibilità di diffusione senza precedenti, garantita soprattutto dalla moderna editoria, e la forte propensione all’utilizzo pedagogico di testi e musiche nell’opera di nuova evangelizzazione cattolica del periodo postridentino. Proprio questa lucidità ha fatto sì che le ricerche di Rostirolla si siano inserite – con spregiudicatezza e tempismo intellettuale – tra gli studi che di recente hanno saputo riscoprire «il lato costruttivo, riplasmatore, largamente e tecnicamente creativo, di quella che si usa schematicamente etichettare, non senza sfumature polemiche a volte tutt’altro che pudicamente velate, come "l’età della Controriforma"» (p. xvi).

I saggi di Rostirolla, presentati qui in ordine cronologico di pubblicazione, toccano monograficamente, seppur con frequenti intersezioni, diversi nodi nevralgici della storia della lauda postridentina: all’ambiente romano è dedicato il primo, La musica a Roma al tempo del cardinal Baronio,[2] che dopo aver tratteggiato le vicende pre-filippine della lauda e ricostruito le condizioni che favorirono il radicamento del genere nell’oratorio di san Filippo Neri, segue passo passo, con dovizia di particolari, i percorsi editoriali del nascente repertorio, soffermandosi sui principali protagonisti delle varie fasi (segnatamente Giovanni Animuccia, Francisco Soto e Giovenale Ancina). Il saggio è accompagnato da corposi apparati bibliografici, come del resto tutti gli altri articoli qui ripubblicati: proprio per questo si apprezza la presenza degli incipitari ed indici cumulativi, che danno accesso simultaneo alle diverse risorse.

Il secondo intervento riguarda un altro centro di prim’ordine per la diffusione della lauda, Napoli,[3] ed oltre a riportare ed analizzare eloquenti e dettagliate testimonianze sulla vita musicale dell’epoca, sottolinea l’esistenza nel repertorio laudistico di un filone gesuitico per buona parte indipendente da quello filippino e largamente sottovalutato dagli studiosi. A tale filone sono dedicati ben tre dei rimanenti studi di Rostirolla, da cui si evince, in particolare, oltre all’importanza di altri poli d’irradiazione laudistica come Milano e Firenze, la caratteristica propria dell’ambiente gesuitico di associare il canto delle laudi all’insegnamento della «Dottrina cristiana». Nell’imponente saggio dedicato a questo specifico aspetto,[4] figura tra l’altro un interessantissimo approfondimento sul Modo per insegnar la dottrina christiana del gesuita Giacomo de Ledesma (1519-1575): l’analisi di alcune specifiche indicazioni ivi contenute fornisce un’eccellente introduzione alla logica che regolava l’utilizzo del canto laudistico nella pedagogia della Riforma cattolica. La finezza psicologica e la sorprendente concretezza dei precetti esposti nel breve trattato chiariscono inequivocabilmente la consapevolezza culturale e la sapienza metodologica con cui i Gesuiti adottarono tale prassi; si badi bene: non siamo di fronte all’ennesimo accostamento "suggestivo", indimostrabile e largamente arbitrario tra idee storicamente giustapposte, di quelli che tanto affascinano certi facili improvvisatori della Kulturgeschichte… c’è qui il massimo della pertinenza, ed il legame tra il metodo del Ledesma ed il repertorio di cui si tratta è molteplice ed esplicito, come Rostirolla ha felicemente intuìto e dimostrato.

Tra i rimanenti studi, si segnalano quello più avanzato cronologicamente, dedicato ad un laudario manoscritto fiorentino del 1721 ed al suo contesto[5] (davvero pionieristico nel volgersi ad un’area seriore e particolarmente trascurata di un repertorio già di per sé negletto) e l’introduzione alla recente edizione in facsimile del Terzo Libro delle Laudi Spirituali del 1577.[6] Quest’ultimo lavoro suggerisce indirettamente una riflessione sul problema delle edizioni moderne: esse scarseggiano non dico sul versante delle edizioni propriamente critiche, ma persino tra le "pratiche", a tutto detrimento, ad esempio, di un movimento corale che anche nei suoi settori più schiettamente amatoriali troverebbe nel corpus laudistico un repertorio potenziale di sicuro interesse. Ad auspicare la realizzazione di imprese editoriali in tale direzione è in fondo lo stesso autore, che, peraltro, licenziando la versione rivista della Bibliografia già curata nel 1986 da Oscar Mischiati,[7] si augura che «la tradizione laudistica possa rappresentare una fonte d’ispirazione per coloro che avranno nelle mani la responsabilità di un’ennesima restaurazione della musica sacra, conforme alla grande e secolare tradizione della Chiesa universale» (p. 743). In quest’ordine di idee, d’altronde, i curatori avrebbero potuto utilmente inserire nel pur già corposo volume – che viene senz’altro a porsi come riferimento standard per gli studi sulla lauda postridentina – un altro strumento: una bibliografia delle edizioni moderne che, appunto in considerazione della mancanza di sostanziose pubblicazioni sistematiche, aiutasse lo studioso e l’esecutore ad orientarsi tra i facsimili e le trascrizioni dispersi nel panorama bibliografico-musicale. Va notato, ad ogni buon conto, un altro pregio degli studi qui pubblicati, ovvero proprio il ricco corredo di riproduzioni fotografiche e di trascrizioni (generalmente integrali) di brani particolarmente significativi.

In merito ancora alla Bibliografia poc’anzi nominata, che – nelle parole dell’autore – potrebbe «rappresentare il punto di partenza» di uno «specifico repertorio della serie RISM» (p. 743), occorre aggiungere qualche osservazione: ottima la scelta di riproporla in versione riorganizzata, annotata ed accresciuta, adottando un semplice accorgimento per favorire l’identificazione delle schede di nuovo inserimento (oltre un centinaio); molto opportuna anche l’aggiunta dei sistematici rimandi ai passi di questo stesso volume; è, tuttavia, un peccato che non si sia potuto fare a meno di ricorrere ad una piccola sezione separata di ulteriori Addenda. Una svista redazionale, poi, fa sì che i Riferimenti bibliografici siano divisi in due blocchi apparentemente indipendenti (pp. 782 e 784), in realtà da integrare, lasciando cadere una doppia citazione.

Qualche perplessità, a ben vedere, può destare proprio la cura redazionale non impeccabile nell’intero volume: senza ovviamente contare le parti ristampate (la cui riproduzione non è peraltro esente da pur minimi guasti), dall’indice iniziale alla bibliografia degli scritti di Rostirolla, dal siglario delle biblioteche alle schede della bibliografia laudistica sino all’indice dei nomi, troppo frequenti sono i refusi e non perfetta l’uniformità dei criteri. A quanto sembra, tuttavia, nessuna imprecisione risulta realmente fuorviante per il lettore e la fruibilità dell’opera non viene certo compromessa da tale pur fastidiosa leggerezza redazionale (né tampoco dalla spartana copertina bianca).

In conclusione, non resta che augurarsi che la lettura e la consultazione di questa summa sulla lauda propizino lo sviluppo di studi di carattere filologico, ma anche analitico: ancora poco, infatti, sappiamo sulle categorie stilistiche poetiche e musicali, sulle dinamiche intertestuali o, ad esempio, sulle relazioni con altri repertori coevi parzialmente affini (la canzonetta, l’aria, il dialogo, il madrigale spirituale…). L’inclusione nel volume del saggio di Zardin (rifusione ad hoc di due articoli precedenti)[8] sembra additare la via metodologicamente più corretta ai musicologi che vogliano dedicarsi a questo settore di ricerca: attenta valutazione della storia materiale dei testi e della storia delle modalità di apprendimento e di fruizione dei testi letterari e musicali; adeguata considerazione per la storia della spiritualità e della civitas christiana in tutte le sue componenti; abbandono dei cliché sulla compartimentazione dei registri culturali (in quanti manuali il repertorio laudistico è stato aproblematicamente liquidato come zona grigia di sciatta sottocultura?); frequentazione della bibliografia e assimilazione delle prospettive offerte dagli studi storici, letterari, teologici (si vedano ad esempio le numerose ed interessanti segnalazioni presenti nel cospicuo apparato di note). Coniugando questo sempre più irrinunciabile modus operandi alle specifiche strategie di un’aggiornata ricerca musicologica si avranno nuove indagini capaci, più ancora che di restituire testi ed analizzarli per se, di ricostruire quella storia di «intrecci fra devozione religiosa e consuetudini letterarie profane, fra testi a stampa, trasmissione orale della cultura e arte della musica, musica sacra e non solo tale» (p. 739) su cui gli studi di Giancarlo Rostirolla hanno già risvegliato la nostra attenzione.

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[1] Howard E. Smither, Narrative and Dramatic Elements in the Laude Filippine, 1563-1600, «Acta Musicologica», XLI/3-4, 1969, pp. 186-199. Tra i contributi recentissimi sull’argomento, segnaliamo almeno Blake Wilson, Song Collections in Renaissance Florence: the cantasi come Tradition and its Manuscript Sources, «Recercare», X, 1998, pp. 69-104, che pur giunge solo tangenzialmente ad occuparsi del repertorio del pieno Cinquecento, e Linda Maria Koldau, "Dare un honesto e santo trattenimento à tutte le sorti di persone": Didaktisches Prinzip und Musikalisierung des Gebets in einem italienischen Andachtsbuch von 1608, «Die Musikforschung», LIII/1, 2000, pp. 40-56, che riprende ed amplia le osservazioni già proposte da Rostirolla intorno ad un’importante raccolta laudistica napoletana.

[2] La musica a Roma al tempo del cardinal Baronio. L’oratorio e la produzione laudistica in ambiente romano, pp. 1-210 (si citano qui le pagine sempre secondo la numerazione nuova che nel libro è riportata tra parentesi quadre).

[3] Aspetti di vita musicale e religiosa nella chiesa e negli oratori dei Padri Filippini e Gesuiti di Napoli a cavaliere tra Cinque e Seicento, con particolare riguardo alla tradizione laudistica, pp. 211-274.

[4] Laudi e canti religiosi per l’esercizio spirituale della Dottrina cristiana al tempo di Roberto Bellarmino, pp. 275-472.

[5] Laudi e canti natalizi in una inedita fonte fiorentina del primo Settecento, pp. 515-562.

[6] Il Terzo Libro delle Laudi Spirituali (Roma, Blado, 1577), pp. 473-514.

[7] Qui con il titolo: Per una bibliografia delle fonti a stampa della Lauda post-tridentina (1563-1952), pp. 741-784.

[8] L’arte dell’apprendere «soave». Poesie e canti religiosi nell’Italia del Cinque-Seicento, pp. 695-739.

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