FORESTE
DA VIVERE
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Il libretto Itinerari
Tematici n.7, "Paesaggi Sonori. Suoni e rumori nella
foresta della Valsolda", edito da ERSAF con un CD Audio
allegato, vuole essere un contributo alla conoscenza dei suoni della natura,
del rumore del vento e dell’acqua, delle voci degli animali che
abitano boschi, prati, coltivi, stagni, laghi e mari.
Voci spesso inascoltate, voci coperte dal rumore della nostra civiltà,
voci che scompaiono perché distruggiamo gli ambienti naturali che
le ospitano. Voci che dipingono paesaggi sonori che si sovrappongono ai
paesaggi visuali rendendoli ancora più vivi e piacevoli.
Questa presentazione è anche un’esortazione al silenzio,
alla riflessione e all’attenzione per cogliere tutte le emozioni
che la natura ci può offrire.
Testi e cartine vi guideranno lungo un percorso di osservazione e di ascolto
per cogliere tutte le sensazioni ed emozioni che la natura della Valsolda
può offrire.
Queste pagine web estendono la fruibilità
del libretto e delle tracce audio del CD per consentire ad un più
ampio numero di appassionati di sperimentare le emozioni di una passeggiata
in Valsolda e anche di imparare a riconoscere le voci degli animali che
con discrezione ci accolgono nel loro delicato habitat.
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I Paesaggi sonori
La percezione che abbiamo degli ambienti
naturali non deve limitarsi al “paesaggio visivo”, non dobbiamo,
cioè, fermarci a ciò che vediamo, ma dobbiamo comprenderne
e apprezzarne la struttura, la complessità, la biodiversità,
le funzioni, e quindi anche i suoni ed i rumori.
Gli ambienti naturali si caratterizzano non solo per ciò che percepiamo
visivamente, il “paesaggio” come lo intendiamo correntemente,
ma anche per i silenzi e i suoni caratteristici, quali ad esempio lo scorrere
delle acque, i rumori del vento nel bosco e le voci degli animali che
vi abitano.
Insetti, anfibi, uccelli e mammiferi emettono segnali acustici caratteristici,
per comunicare o per ecolocalizzare, e quindi ciascun ecosistema è
anche caratterizzabile acusticamente. È esperienza comune il piacere,
o perlomeno la curiosità, che si prova ad ascoltare il cinguettio
degli uccelli in primavera, il gracidare delle rane, i tenebrosi bramiti
autunnali dei cervi, o il gorgoglio delle acque di un torrente di montagna.
Al di là di questi aspetti estetici, lo studio e la tutela degli
ambienti naturali non può prescindere da un approccio interdisciplinare
che consideri anche i rumori e i suoni degli animali che rappresentano
la “biodiversità sonora” di ciascun ecosistema.
Come alteriamo o conserviamo i paesaggi visivi, possiamo alterare o conservare
anche i paesaggi sonori. E alterando i paesaggi, di qualunque tipo essi
siano, ne alteriamo anche la qualità e le funzioni.
In definitiva, conservare l’ambiente naturale significa anche apprezzarne
e conservarne i “paesaggi sonori”, con i propri suoni, rumori
e silenzi. Il silenzio è, infatti, il presupposto necessario per
la comunicazione fra gli organismi viventi che popolano un ambiente ed
è anche una componente essenziale per il loro benessere, come lo
è per l’uomo.
Conosciamo l’impatto che il rumore ha sull’uomo e sul suo
benessere psicofisico. Dobbiamo considerare che anche per gli animali
sia necessario un certo livello di comfort acustico che non solo consenta
ad essi di comunicare sulle distanze più appropriate per le loro
esigenze, ma che anche ne consenta il benessere psicofisico.
Molti studi e osservazioni indicano che gli animali reagiscono al rumore,
ad esempio intensificando le loro emissioni sonore per mantenere un adeguato
rapporto segnale/disturbo, per mantenere quindi costante la distanza alla
quale i segnali possano essere uditi, oppure aumentano la ripetizione
dei segnali per migliorare la probabilità che siano sentiti, ma
in altri casi, soprattutto nel caso di rumori molto intensi, sospendono
le proprie emissioni in attesa del ritorno a condizioni ottimali.
Tutto questo indica chiaramente che reagiscono al rumore con comportamenti
immediati, facilmente osservabili, ma di cui non sono ancora chiari gli
effetti a lungo termine, con conseguenze, ad esempio, sul successo riproduttivo
e sul successo adattativo. Nel descrivere, e possibilmente preservare,
le caratteristiche di un ambiente naturale non si può prescindere
dagli aspetti acustici, nell’interesse degli animali, ma anche nell’interesse
dell’uomo che da tali ambienti aspira ad ottenere momenti di pace,
di relax, di silenzio, ma anche sensazioni ed emozioni. L’idea di
“wilderness” non può prescindere dal silenzio inteso
come assenza di rumore di origine umana.
La bioacustica
La disciplina che studia i suoni degli
animali è la bioacustica; nata come strumento dell’etologia,
cerca di comprendere come gli animali regolano i propri comportamenti
individuali e sociali attraverso segnali acustici.
La bioacustica studia le caratteristiche, i significati, le origini e
lo sviluppo dei segnali acustici, anche per le possibili utilizzazioni
pratiche che questi possono avere per le attività e gli interessi
umani, ad esempio in faunistica, nella lotta biologica in agricoltura
e selvicoltura, nel monitoraggio della biodiversità.
Fin dall’antichità il canto degli uccelli ha suscitato la
curiosità degli uomini e stimolato poeti e musicisti che consideravano
tali canti come espressione della gioia di vivere e della loro “forza
vitale”.
Già negli scritti antichi si ritrovano osservazioni sui suoni emessi
dagli animali, ma solo nell’Ottocento i naturalisti hanno incominciato
ad interpretarli come linguaggio, cioè a considerarli funzionali
alla sopravvivenza delle specie e, in definitiva, parte integrante dei
meccanismi che regolano il funzionamento degli ecosistemi. È, però,
con la nascita degli strumenti per registrare, riprodurre e analizzare
i suoni che la bioacustica ha potuto avere un effettivo sviluppo sia in
campo scientifico sia applicativo, riconoscendo anche l’esistenza
di segnali acustici infrasonori e ultrasonori non percepibili dall’uomo.
Emblematica è la storia di Spallanzani
il quale, nel 1700, osservò la straordinaria capacità dei
pipistrelli di volare sia nella completa oscurità che accecati
sperimentalmente, evitando in entrambi i casi sottili fili tesi sul loro
percorso. Solo tappando le loro orecchie con della cera individuò
nell’udito lo strumento che consentiva di evitare gli ostacoli,
ma non conoscendo l’esistenza degli ultrasuoni, non percepibili
dall’orecchio umano, non poté comprendere che i pipistrelli
emettono brevissimi impulsi ultrasonici e ascoltano gli echi generati
dall’ambiente circostante. Solo nel XX secolo nuovi strumenti rivelarono
l’esistenza degli ultrasuoni e anche degli infrasuoni emessi dagli
animali.
Con la nascita dei primi strumenti per registrare e analizzare i suoni
la bioacustica acquisisce fondamenti scientifici basati sull’accurata
analisi dei suoni. La bioacustica si evolve, da semplice compagna dell’etologia,
ad una visione interdisciplinare del mondo dei suoni dove si scoprono
nuove relazioni fra specie diverse e fra specie e ambienti.
Nasce, così, l’ecologia acustica che studia le relazioni
appunto fra i suoni, gli ambienti, le specie animali, e l’uomo.
È in questa dimensione che nasce l’interesse per i paesaggi
sonori e non più per le singole voci di ciascuna specie, prima
viste isolate dal contesto, ora invece diventate parte integrante del
paesaggio sonoro e manifestazione della biodiversità di ciascun
habitat.
In definitiva, tutelare l’ambiente naturale significa anche apprezzarne
e conservarne i ”paesaggi sonori” che sono espressione della
biodiversità; se non ne saremo capaci avremo un mondo più
povero e più silenzioso. |