La nascita delle grandi civiltà classiche, la Greca e la Romana, segna una svolta importante nella storia della Medicina.
Infatti, è in Grecia che avviene la completa e definitiva emancipazione del medico dal sacerdote o dallo stregone. Rinunciando ai legami con la magia o la divinità, a partire dal VI secolo avanti Cristo la medicina greca pone in rilevo l'osservazione clinica e l'esperienza, concetti che saranno poi completati e ulteriormente sviluppati dalla medicina romana.
Gli albori della Medicina, nella Grecia antica, sono simili a quelli della maggior parte delle altre civiltà antiche: si tratta di una pratica magico-religiosa, che individua nella Divinità il medico/taumaturgo al quale rivolgersi per la risoluzione dei problemi.
Apollo e poi
Asclepio (Esculapio) sono i primi "medici" greci. A loro si deve, secondo la leggenda, anche il simbolo dell'Arte Medica, il
caduceo. I loro santuari erano veri e propri centri di cura, dove si prescrivevano terapie basate su esercizi, diete e pratiche terapeutiche come l'
incubazione onirica: i malati dormivano nei pressi di un tempio
1, in un recinto sacro (
άβατον) nella speranza che il dio li visitasse in sogno per guarirli. È probabile che, tra le cure praticate, vi fosse la trapanazione cranica.
Nell'antica Grecia la medicina veniva praticata anche nei ginnasi, luoghi dove i giovani venivano formati culturalmente e fisicamente, nelle palestre, dove si allenavano gli atleti veri e propri. Entrambi consentirono un certo sviluppo della chirurgia, in seguito alle lesioni in cui sovente gli atleti incorrevano nell'esecuzione degli esercizi fisici. Tutti coloro che lavoravano in queste strutture avevano conoscenze abbastanza approfondite di traumatologia e massoterapia; i medici, che solitamente visitavano in strutture pubbliche o private, gli
ιατρεία (jatreia)
2, venivano consultati solo nei casi più gravi
Le prime Scuole Mediche nascono in Magna Grecia, a Crotone, ed in Sicilia.
Alcmeone di Crotone, caposcuola della prima, vissuto intorno al 500 a.C., forse allievo di Pitagora, per primo distinse tra intelletto e percezione e stabilì nel cervello la sede del primo. Ad
Empedolcle di Agrigento, massima espressione della seconda scuola, coetaneo di Alcmeone ed anche lui, forse, allievo di Pitagora, si attribuisce la scoperta del labirinto dell'orecchio interno.
Ma le Scuole Mediche greche più conosciute e famose sono, però, quella di Cnido e di Cos. Esse erano separate solamente da poche decine di chilometri, quanto misura il braccio di mare posto tra l'isola di Cos nel Mar Egeo e la costa della Caria (Asia Minore).
La
Scuola di Cnido dette grande importanza allo studio dell'anatomia sugli animali
3, mentre il concetto di patologia era ancora piuttosto rudimentale ed anche la terapia era poco sviluppata. Di questa scuola furono maestri
Eurifone e
Ctesia.
La
Scuola di Cos, nell'isola omonima, contigua al tempio di
Esculapio, pone in primo piano l'osservazione diretta del malato. Nasce qui il concetto di "clinica" e di "diagnosi", sulla base delle quali impostare la terapia.
Fondatore e personaggio di maggior spicco della scuola fu
Ippocrate [vedi Biografia in
I Grandi Maestri], universalmente riconosciuto come il "Padre della Medicina".
L'insieme dei libri che gli sono attribuiti va sotto il nome di
Corpus Hippocraticum o
Collectio Hippocratica: si tratta di 53 opere per un totale di 72 libri, che furono raccolti dai bibliotecari alessandrini nel III secolo a.C., che senz'altro raccolgono i contributi non solo di Ippocrate ma anche dei suoi allievi e di molti anche della scuola di Cnido.
Dei trattati a lui sicuramente attribuiti (
Sull'antica medicina;
Sulle arie, le acque e i luoghi;
Sulla malattia sacra;
Prognostico;
Sul regime delle malattie acute;
Epidemie;
Aforismi;
Sulle ulcere;
Sulle articolazioni;
Sulle fistole;
Sulle fratture;
Sulle emorroidi;
La legge ed il
Giuramento) tre interessano la pratica chirurgica:
Sulla chirurgia,
Sulle ferite al capo e
Sugli strumenti di riduzione.
Secondo Ippocrate compito del chirurgo deve essere in primo luogo l'apprendimento, non solo quello teorico, ma anche e soprattutto quello che la pratica può fornire.
... in primo luogo, conoscere le cose simili e le cose dissimili, quelle connesse con le cose più importanti, il più facilmente conosciute e in qualunque modo conosciute; quali devono essere viste, toccate e udite; quali devono essere percepite con la vista, e con il tatto, e con l'udito, e con il naso, e con la lingua, e con l'intelletto ... (La Chirurgia, 1)
Per quanto riguarda le ferite craniche, è necessario anzitutto conoscere non solo l'anatomia e anche le diversità anatomiche.
... Le teste degli uomini non sono affatto tutte uguali, né le suture della testa di tutti gli uomini sono costruite nella stessa forma ... (Sulle ferite alla testa, 1)
Esistono aree del cranio più resistenti agli urti (osso dietro il vertice, intorno all'orecchio), essendo colà l'osso più spesso o maggiormente coperto da tessuti molli ed altre meno resistenti (bregma; regione tra l'aricolazione mandibolare ed il meato acustico esterno; tempie), risultando formate di osso più sottile, meno ricoperto di tessuto carnoso, o percorse da grossi vasi (tempie), e cui sottostà una ampia porzione del cervello. E conseguentemente, le lesioni in queste ultime aree sono gravate da una prognosi più grave.
... E quindi accade che da analoghe o persino minori ferite e meccanismi, quando una persona è ferita allo stesso o in minor grado, l'osso della testa là risulta più contuso, fratturato e infossato; e che là le lesioni sono maggiormente mortali e più difficili da curare; ed è più difficile conservare la sua vita se le lesioni colpiscono quelle aree piuttosto che qualunque altra parte della testa ... (Sulle ferite alla testa, 2)
Il punto debole dell'osso, ovunque disposto, risulta però essere la sutura ossea.
La diagnosi si deve sostanziare di un'attenta indagine anamnestica per comprendere quale sia stato l'origine della ferita; il "mezzo" che l'ha provocata; se ha manifestato sintomi di gravità della ferita
... se la persona ferita è rimasta tramortita e se l'oscurità si è diffusa sopra i suoi occhi e se ha avuto vertigini ed è caduto a terra ... (Sulle ferite alla testa, 11)
Seguirà un'indagine ispettiva accurata della ferita al letto del malato. Il medico deve distinguere tra suture craniche e fratture, poiché
... la frattura che si presenta a livello della suture è anche un allentamento delle sutura e non è facile capire se l'osso è rotto ed allentato dalla dentellatura di un'arma che ha colpito sulla sutura, o da un contusione dell'osso a livello della sutura ... (Sulle ferite alla testa, 12)
E la distinzione non è di poco conto, poiché la lesione sarà più grave se sono state colpite le suture
... perché una persona con una ferita della stessa estensione, o anche molto minore, e provocata da armi delle stesse dimensioni e qualità, e perfino molto più piccole, subirà una lesione assai più ampia, se ha ricevuto il colpo alle suture, piuttosto che non altrove... (Sulle ferite alla testa, 12)
E l'ispezione deve coinvolgere il tatto, anche se, spesso, l'esplorazione digitale dell'osso non riesce a dirimere il dubbio diagnostico
... poiché la sutura, essendo più ruvida rispetto al restante osso, provoca confusione e non è chiaro quale è la sutura e quale è il segno inflitto dall'agente, a meno che quest'ultimo (hedra) sia ampio. La frattura inoltre per la maggior parte è unita con la dentellatura quando si presenta nelle suture; e questa frattura è più difficile da distinguere quando l'osso è rotto, in considerazione di questo, che se c'è una frattura, è situata per la maggior parte sulla sutura ... (Sulle ferite della testa, 12)
e perchè, una volta impostata la terapia, possono essere compiuti errori anche fatali.
... e molti di questi richiedono trapanazione, ma non dovete applicare il trapano sulle suture stesse, ma sull'osso contiguo ... (Sulle ferite alla testa, 12)
Ippocrate propone la seguente classificazione delle lesioni craniche traumatiche: 1. Frattura e contusione; 2. Contusione senza frattura; 3. Frattura ed infossamento; 4. Tacca ossea (con frattura e contusione); 5. Lesione a distanza. Per quest'ultima evenienza, che nessun esame riesce ad accertare, non vi è rimedio.
Ippocrate consiglia la trapanazione per:
... la contusione, se l'osso è posto a nudo oppure no; e la fenditura, se apparente oppure no. E se, quando una rientranza, prodotta da un'arma in un osso, è accompagnata da una frattura e da contusione, ed anche se la contusione da sola, senza frattura, è combinata con l'infossamento ... (Sulle ferite alla testa, 9)
La tecnica, che prevede l'uso di raschietti (raschia-periostio) e di trapani di fogge differenti, deve essere praticata usando, però, alcuni accorgimenti, come prestare massima attenzione se si tratta di un giovane (ossa più sottili e meno coperte dai tegumenti) e, durante l'intervento, immergere soventemente il trapano in acqua fredda.
... E nel trapanare dovete levare frequentemente il trapano, a causa del riscaldamento dell'osso, e immergerlo in acqua fredda. Poiché il trapano si riscalda girando in tondo e riscalda ed asciuga l'osso, lo scotta e porta alla caduta intorno al taglio di un frammento di osso più grande di quanto si vorrebbe... (Sulle ferite alla testa, 21)
Per le ferite aperte del cranio, soprattutto se l'osso manifesta una frattura frammentata, è meglio "attendere" l'intervento della natura.
Innanzitutto bisogna aver cura di mantenere la ferita pulita (con acqua pulita o vino) e asciutta, allo scopo di accelerare il processo di necrosi delle parti non più vitali e la caduta spontanea dell'escara. Gli impacchi (farina polverizzata finemente impastata con aceto, o bollita in modo da renderla glutinosa il più possibile) vanno applicati intorno alla ferita, più che non su di essa. I frammenti ossei saranno, infatti, sospinti verso l'alto dalla sottostante tessuto granulativo (riparativo), e quindi asportabili più facilmente con minor rischio e la guarigione avverrà più prontamente.
... E non dovete trapanare, né correre alcuni rischio nel tentare di estrarre i frammenti di ossa, fino a che non si sollevino spontaneamente ...(Sulle ferite alla testa, 17)
Il bendaggio di Ippocrate è il bendaggio arrotolato intorno alla testa, che è attualmente e comunemente usato in neurochirurgia
... nel caso della testa, i giri devono essere fatti principalmente sulla parte più piana della testa, con la minore obliquità possibile, di modo che la parte più compatta, che è applicata per ultima, può fissare le parti che sono più mobili ... (La Chirurgia, 9)
Ma quando la ferita ricevuta è mortale, o non può essere curata, ma la prognosi è infausta, o quando il danno non è stato scoperto per errore o la terapia chirurgica non è stata applicata correttamente, ci si può fare un'opinione dell'avvicinarsi della morte del paziente, e prevedere che cosa deve accadere dai sintomi che quella persona avverte. Si attua, qui, l'introduzione di due concetti fondamentali della medicina moderna, quello di "prognosi" e quello di "esito" finale della malattia. È interessante, inoltre, la rilevazione della lateralità opposta tra lesione e parte del corpo colpita dalle convulsioni.
... di solito compare la febbre se d'inverno e di estate la febbre sale solitamente dopo sette giorni. E quando questo accade, la ferita perde il suo colore e l'infiammazione scompare in essa; e diventa glutinosa e sembra una salamoia, essendo di un colore bronzeo e talvolta livido; e l'osso allora comincia a necrotizzare e dove prima era bianco diviene nero ed in fine pallido ed decolorato. Ma quando in lui la suppurazione si stabilisce completamente, piccole bolle si formano sulla lingua ed egli muore preso da delirio. E, in gran parte, le convulsioni prendono l'altro lato del corpo; perciò, se la ferita è situata dalla parte di sinistra, le convulsioni prenderanno la parte di destra del corpo; o se la ferita è dalla parte destra della testa, le convulsioni prenderanno la parte di sinistra del corpo. Ed alcuni diventano apoplettici. E muoiono così prima della conclusione di sette giorni, se d'estate; e prima di quattordici, se d'inverno ... (Sulle ferite alla testa, 19)
Ippocrate si interessò anche di midollo spinale del quale, nelle sua opera
Sulle Articolazioni, fornì importanti informazioni di anatomia e patologia.
In campo anatomico, il grande medico greco descrisse con precisione i segmenti e le curvature fisiologiche della colonna; la sua vascolarizzazione e le sue relazioni anatomiche con la rete vascolare circostante; la struttura delle vertebre ed i muscoli che ad esse si attaccano.
In campo patologico, Ippocrate analizzò un gran numero di malattie ed infermità, come la spondilite tubercolare, la cifosi post-traumatica, la scoliosi, i traumi e le dislocazioni vertebrali e le fratture dei processi spinosi.
In campo terapeutico, per le lesioni della colonna, ideò due "metodi" terapeutici, chiamati la
scala di Ippocrate e lo
scamnum Hippocraticum, entrambi con la funzione di "stirare" la colonna. Questi due presidi, logicamente con le opportune modifiche, sono tutt'ora in uso.
Lo
scamnum Hippocraticum4 era il metodo d'elezione, secondo Ippocrate, per ridurre le fratture vertebrali e le fratture-dislocazioni.
Era costituito da una spessa tavola di legno, saldamente ancorata al suolo, a mo' di panchina. Il paziente vi era fatto sdraiare a faccia in giù e legato, con corregge di cuoio, alle spalle e ai piedi. Le mani restavano parallele al corpo. Le corregge erano collegate a due argani contrapposti, manovrate da assistenti, permodoché, agendo su di essi, si poteva esercitare una trazione variabile sulla colonna a partire dalle spalle o dai piedi. Quando il paziente era nella giusta "trazione", l'operatore procedeva all'operazione di compressione premendo con forza con le mani sulle vertebre interessate (o sul segmento vertebrale) oppure sedendovici sopra e saltellando ritmicamente. Ma lo scamnum, tuttavia, durante l'epoca Medioevale e fino a qualche secolo fa, trovò impiego, con opportune modifiche, anche nelle sale di tortura, con il nome di
tavolo da stiramento.
La
scala ippocratica era una normale scala, alla quale il paziente veniva strettamente legato con cinghie di cuoio. La scala veniva poi sollevata ad una determinata distanza dal suolo ed il paziente vi restava appeso a testa in giù. Ciò provocava un allungamento passivo della colonna vertebrale, sottoposta ad allungamento da parte della forza di gravità ("trazione da gravità"), con conseguente dilatazione degli spazi intervertebrali. La posizione assunta dal paziente causava anche benefici effetti sulla circolazione del sangue e sulla distensione di alcuni muscoli e legamenti. La pressione ridotta dei dischi intervertebrali era spesso sufficiente a risolvere il dolore alla schiena.
L'atteggiamento ippocratico nei confronti della patologia vertebrale predilige la medicina ed il trattamento conservativo, piuttosto che l'aggressività chirurgica. Anzi, Ippocrate stesso pone in guardia dall'accettare, soprattutto per le dislocazioni anteriori, le terapie "chirurgiche" di alcuni "ciarlatani" suoi contemporanei, terapie che potevano considerarsi perlomeno azzardate in pazienti con un danno tanto grave.
... è evidente che, in tali casi, le dislocazioni non possono essere ridotte né con la percussione né in alcun altro modo, a meno che non si apra il paziente e quindi, avendo introdotto la mano in una delle grandi cavità, si spinga da dentro verso il fuori, cosa che può essere fatta su un corpo morto, ma assolutamente non praticabile nel vivente.
Perchè, allora, io scrivo ciò? Perchè alcune persone favoleggiano di avere curato pazienti con una dislocazione completa anteriore della vertebra. Anzi, qualcuno suppone che questa sia la dislocazione più facile da trattare e che tali casi non necessitino di riduzione, ma vadano bene spontaneamente. Molti sono ignoranti e traggono vantaggio dalla loro ignoranza, perché ottengono merito per quelle cose da essi. (Sulle Articolazioni, 46)
Gli strumenti impiegati dagli antichi chirurghi greci erano confezionati in ferro, rame e bronzo. Comprendevano, oltre naturalmente a bisturi di varie fogge, pinze da presa e leve, raschietti per l'osso (raschia-periostio), il
πρίων [lat.,
terebra] (trapano, drill), impiegato soprattutto per fare dei piccoli fori in cerchio intorno all'osso infossato, la quale veniva fatta ruotare grazie ad una piccola correggia o un travicello disposto a croce.
Allo stesso scopo fu impiegato il
τρΰπανον (trapano), simile alla terebra. I ponticelli ossei tra le perforazioni erano poi rimossi utilizzando bisturi o scalpelli, in modo da rimuovere una rondella di osso.
Un altro strumento abbastanza usato fu il trapano dentato (
πρίων χαρακτός, lat.
terebra serrata). Esso consisteva in un cono di metallo con il bordo dentellato e un perno al centro che si continuava con un manico cilindrico, lungo alcuni centimetri, Il manico, posto tra le palme delle mani, veniva fatto ruotare in un senso e nell'altro. Era il prototipo del trapano moderno.
I precetti impartiti dalla scuola di Ippocrate e dalle altre scuole mediche greche, nel III secolo a.C., vennero raccolti dai bibliotecari della più grande biblioteca allora conosciuta, la
Biblioteca di Alessandria d'Egitto.
Qui, a partire dal III secolo a.C., si sviluppa una delle più importanti scuole mediche del mondo ellenico ed ellenistico, la
Scuola di Alessandria, che influenzerà abbondantemente la medicina greca del tempo e quella romana a venire.
Merito della scuola alessandrina è di aver aperto le porte all'esperimento biologico, iniziando studi sistematici su sezioni anatomiche ottenute con la pratica della vivisezione su animali.
Prima della scuola di Alessandria fu però il filosofo
Aristotele, definito da molti come il fondatore dell'anatomia comparata, ad intraprendere questo genere di studi fondendo scienza e filosofia in ragionamenti basati sui suoi famosi sillogismi: studiò a fondo l'anatomia con particolare attenzione per il sistema nervoso e per il cuore. Ne fanno testo le numerose opere al riguardo:
Storia degli animali, in 10 libri, seguita e completata da
Sulle parti degli animali (4 libri),
Sul movimento degli animali,
Sull'andatura degli animali e l'ampio
Sulla generazione degli animali (5 libri). Una serie di brevi opere è raccolta sotto il titolo latino di
Parva Naturalia, ossia "piccoli scritti naturali", e comprende opuscoli sulla sensazione, sulla memoria, sui processi onirici, sulla respirazione e sulle fasi della vita.
I due esponenti di maggior spicco della Scuola di Alessandria furono Erofilo di Calcedonia ed Erasistrato di Ceo.
Erofilo di Calcedonia, considerato il padre dell'anatomia, praticando ampiamente la dissezione
5, anche pubblica, studiò a lungo l'anatomia del cervello, descrivendone accuratamente le varie parti (il ventricolo, il talamo, i seni venosi). Descrisse tra l'altro, la confuenza dei seni, struttura che porta oggi il suo nome (
torculare di Erofilo).
Ciò lo portò a rigettare la tesi cardiocentrica aristotelica ed a considerare il cervello come il centro del pensiero, della sensibilità e dei movimenti. Distinse fra vasi sanguigni, tendini e nervi, che mise in connessione con l'encefalo, e, per i nervi, tra nervi sensitivi e nervi motori. Dette pure descrizioni accurate dell'anatomia degli organi genitali, dell'occhio e delle varie parti dell'intestino: ancora oggi sono in uso alcuni nomi da lui introdotti, come per esempio il duodeno.
Il suo allievo,
Erasistrato di Ceo continuò e perfezionò gli studi anatomici del maestro, ma si applicò più compiutamente alla fisiologia e alla patologia. Fece distinzione tra cervello e cervelletto, studiò le circonvoluzioni della corteccia cerebrale e, avendo notato diversità nei vari animali e nell'uomo, le mise in relazione con il grado d'intelligenza dell'individuo. Erasistrato fisiologo, utilizzando la vivisezione, intuì la diversità di funzione tra le radici anteriori dei nervi spinali (fondamentalmente deputate a trasmettere l'impulso motore ai muscoli) e quelle posteriori (destinate a ricondurre al midollo spinale gli stimoli ricevuti dalla periferia).
All'interno della scuola di Alessandria, tra il 270 ed il 220 a.C., prese corpo la
Scuola empirica, che ebbe come massimi esponenti Filino di Cos e Serapione di Alessandria. Gli
empirici, contrapponendosi all'indirizzo eccessivamente sperimentale ed allo sterile dogmatismo che i discepoli di Erofilo ed Erasistrato avevano imposto alla scuola di Alessandria, ritenevano che le conoscenze di ciascuno dovessero derivare solamente dalla propria eperienza pratica e non anche dall'apprendimento della esperienza altrui.
L'esperienza si basava essenzialmente su tre punti: l'autopsia (cioè la diretta osservazione), l'historicon (la storia delle osservazioni proprie e altrui), l'analogia (il confronto).
I membri della scuola empirica si distinsero nella chirurgia, nel trattamento delle ferite e nella tecnica delle fasciature, ma considerarono del tutto marginali lo studio dell'anatomia e della fisiologia. Considerando solo la particolarità e la localizzazione della singola patologia, persero di vista il concetto di malattia come espressione di un generale malessere dell'organismo.
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1 I templi/santuari dedicati ad Asclepio, i cosiddetti Asclepiei, il più antico e famoso dei quali era in Epidauro (Argolide, Grecia), erano costruiti presso una fonte o un pozzo, ed erano circondati da un bosco sacro e dal sacro recinto, dove chi chiedeva al dio la guarigione, doveva dormire, chiamato άβατον = luogo sacro. Sappiamo poco sulla prassi medica seguita in quei luoghi, anche a causa dei misteri che la circondavano. I malati passavano una notte nell'άβατον; se erano fortunati, venivano visitati in sogno dal dio e, al risveglio, risultavano guariti. La storia delle guarigioni veniva incisa su tavole di pietra, lasciate in loco a memoria del miracolo avvenuto (sono i precursori dei moderni "ex voto").
2 ιατρείον (jatreiov), del quale ιατρεία (jatreia) rappresenta il plurale, è un termine greco della Ionia che indica la casa del medico, oppure la clinica, il luogo dove si cura il malato.
3 La cultura greca antica aveva un rispetto assoluto per i cadaveri dei defunti, quindi non v'era alcuna possibilità di studiare l'anatomia umana esercitandosi direttamente sul cadavere.
4 In realtà l'uso di un banco per trazione è già citato nel Srimad Bhagwat Mahapuranam, un antico poema epico, mitologico e religioso indiano, scritto probabilmentre tra il 3500 e il 1800 a.C. Vi si narra che il dio Krishna usasse un dispositivo simile per correggere la gobba di uno dei suoi discepoli.
5 Ad Alessandria, nel III secolo a.C., la dissezione del cadavere era permessa.