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Breve storia dell’educazione in Sudan

L'indipendenza
Il periodo Turco-Egiziano 
Il Sudan Anglo-Egiziano
L'indipendenza
Dal 1983 ad oggi

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University of Khartum

 

 

 

 

 

 

 

Islamic University of Omdurman

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

The Ahfad University for Women

Alla conclusione della seconda guerra mondiale fu possibile rinvigorire le attività a livello educativo, secondo le indicazioni che funzionari come Christopher Cox e la commissione De la Warr avevano espresso già nel periodo 1937-39. L’idea che il paese avrebbe trovato, in un futuro non troppo lontano, l’indipendenza indusse il governo ad abbandonare la notevole cautela che aveva sempre accompagnato ogni mossa in campo educativo. Con il regime coloniale ormai segnato svanirono i timori di creare una classe capace di contestarne l’essenza e di combatterne la presenza. L’imperativo post-bellico divenne allora quello di preparare la società sudanese all’indipendenza e all’autogoverno.
Alla base del nuovo attivismo governativo è probabile che vi fosse anche il timore provocato dalla comparsa di una serie di scuole private legate direttamente all’Egitto. Nel 1936 un nuovo trattato fra Gran Bretagna ed Egitto riaprì il Sudan alla presenza massiccia di funzionari e cittadini egiziani. Dopo gli incidenti del 1924 gli inglesi erano riusciti a sbarazzarsi del problema allontanando buona parte del personale egiziano. Ma il mutato clima internazionale e la determinazione del Cairo, avevano imposto il cambiamento di questa politica. Dopo l’élite istruita era questa, agli occhi dei britannici, la seconda minaccia per il Paese. Già da qualche tempo in Sudan erano attive le Arab Educational Mission School, che godevano di sovvenzioni egiziane. Nel 1946 venne inaugurata la scuola secondaria King Faruk; intanto in Egitto, nel 1943, erano circa 600 gli studenti sudanesi presenti. Un dato che indusse il governo britannico ad accelerare ulteriormente il suo impegno. Un progetto che tra l’altro accarezzava anche l’idea di evitare al massimo la dipendenza sudanese dai funzionari egiziani, visto che la Gran Bretagna era decisamente ostile all’ipotesi unionista fra i due paesi. Questi cambiamenti avvenivano durante una congiuntura favorevole in quanto il bilancio del Sudan poté contare su delle entrate eccezionali. Nel 1946 il Direttore dell’Educazione presentò un piano d’azione decennale. L’obiettivo dichiarato era quello di preparare la società sudanese all’autogoverno. I primi interventi avrebbero riguardato un consolidamento e rafforzamento delle strutture intermedie e secondarie e la preparazione di insegnanti. Se tra il 1906 e il 1946 le spese per l’educazione avevano rappresentato solamente il 2-3% dell’interno bilancio, i nuovi orientamenti fecero lievitare questa quota al 7% verso gli inizi degli anni ‘50. Nel 1956 il 13,5% del bilancio nazionale venne riservato all’educazione.
Si registrarono così dei considerevoli risultati: nel 1946 le scuole elementari erano 128, cinque anni dopo erano quasi raddoppiate (226), mentre nel 1954-55 il loro numero era passato a 379. Questo ampliamento della struttura fece si che i 22.000 studenti del 1946 divenissero 37.000 nel 1952 e 77.000 nel 1956. Lo stesso andamento positivo si verificò in campo femminile.
Per quanto riguarda l’educazione secondaria il governo cercò di recuperare qualche posizione anche in questo settore. Si partiva dalla sola scuola secondaria pubblica attiva nel periodo precedente al 1946; nel 1947 il loro numero era triplicato. Negli anni successivi nuove scuole vennero aperte e il numero degli studenti alle secondarie nel 1956 si attestò intorno ai 1.700. Nello stesso periodo gli alunni allo stesso livello frequentanti le scuole private delle tre città (Khartum, Khartum North ed Omdurman) erano 2.300.

Queste cifre resero sempre più attuale l’ipotesi di una qualche forma di insegnamento a livello universitario. Fino ad allora gli unici laureati sudanesi avevano compiuti i propri studi in Egitto e Libano, ma nel 1945 l’idea di una università sudanese cominciò ad essere discussa ufficialmente. Il primo passo fu quello di affiliare il Gordon College all’Università di Londra, poi, nel 1951, il Gordon Memorial College e la Kitchener School of Medicine si fusero nel University College of Khartum che subito dopo l’indipendenza divenne la University of Khartum. Seguendo gli orientamenti prevalenti nel periodo, la nuova università cercò di aderire il più possibile al proprio modello ispiratore, cioè alla University of London. Questo atteggiamento non mancherà di attirare le critiche di alcuni studiosi, che, giustamente, fecero notare come la riproposizione dell'etica e dello spirito britannico in Sudan risultasse a tratti caricaturale. Ma in questa determinata congiuntura storica ai sudanesi apparve del tutto naturale identificare il termine "educazione moderna" con il modello educativo occidentale. Quanto più ci si avvicinava a questo archetipo, tanto più si riteneva raggiunto l'obiettivo educativo. Per questa ragione molte scuole pubbliche e private invece di sperimentare adattamenti locali, promossero delle repliche. Il tutto suscitando l'apprezzamento delle autorità pubbliche e private.
Gli studenti furono più di 300 nel 1951 e 600 nel 1954. Nel 1955 una sede distaccata della Cairo University venne aperta a Khartum e cominciò ad offrire dei corsi serali . Gli sforzi britannici non erano infatti riusciti a scoraggiare il governo egiziano dall’impegnarsi in Sudan. Nel 1957 gli studenti iscritti erano 1000, numero che si triplicò nel giro di dieci anni. Nuove scuole vennero aperte mentre in Egitto ben 4.500 sudanesi avevano ottenuto delle borse di studio per proseguire i propri studi in scuole egiziane. I sudanesi in Gran Bretagna nello stesso periodo arrivavano appena a 130.
 Negli anni successivi la varietà degli insegnamenti cercò di venire incontro ad un impressionante aumento del numero degli studenti. Nel 1969 la facoltà dell’Università di Khartum con più iscritti era quella di scienze (887), a cui seguiva lettere (661) e scienze economiche e sociali (639). Gli studenti nel 1969 erano 3448, mentre le matricole per il 1970 furono 1420. 
Nel 1965 venne fondata l'Università Islamica di Omdurman, specializzata in lingua e letteratura araba ed islamistica. I suoi laureati sono ancora oggi principalmente destinati all'insegnamento dell'arabo e all'impiego presso i tribunali islamici. I programmi adottati seguono quelli della più rinomata università di Al Azhar.
Nel 1966 il progetto d’educazione femminile, iniziato da Babikr Badri nel 1907, culminò con l’apertura ad Omdurman dell’Università Ahfad, frequentata, il primo anno da 23 studentesse. Nel 1995 il Consiglio Nazionale Sudanese per l’Educazione Superiore ha esteso alla Ahfad lo status di Università privata a tutti gli effetti. Attualmente sono 4600 le ragazze che frequentano i corsi di questa università.

Gli anni ‘60 e ‘70 furono anni di intensa crescita e i vari governi al potere mantennero l’educazione fra i punti centrali della loro agenda Si trattò di una tendenza generalizzata, che accomunò quasi tutti i paesi africani di recente indipendenza. Al momento della propria indipendenza il Sudan aveva ereditato una struttura educativa sottodimensionata e caratterizzata dalla presenza di scuole di ispirazione e concezione molto diverse. Accanto alle scuole tradizionali coesistevano quelle moderne, missionarie, egiziane, copte, armene, ecc. Era naturale che le prime risposte governative andassero nel senso di un allargamento del sistema e di una sua maggiore uniformità.
Era chiaro a tutti che il futuro del paese poteva assicurarsi solamente attraverso l’educazione e le forze politiche agirono di conseguenza. A facilitare le cose fu anche una congiuntura economica favorevole e una stabilità politica che Nimeyri riuscì, più o meno bene, ad assicurare al paese fino agli inizi degli anni ‘80. Nimeyri destinò anche maggiori fondi ed attenzioni alle scuole tecniche e professionali. Questa decisione era maturata a causa dell'orientamento umanistico di molte delle lauree rilasciate dalle università sudanesi. Una tendenza che fu capace di rallentare in modo sensibile lo sviluppo del paese. Nonostante l'impegno per rafforzare l'educazione tecnica e scientifica, nella società sudanese rimase acuto il problema di una scuola che aveva difficoltà a soddisfare la richiesta del mondo produttivo. Sempre negli anni '70 venne patrocianta una riforma generalizzata degli studi: si fissò a sei anni il periodo di istruzione nelle scuole primarie. A questi seguivano tre anni nelle Junior Secondary School. Dopo questa fase agli studenti venivano offerte, in base alle capacità, tre opzioni: tre anni di Upper Secondary, che preparava agli studi superiori ed universitari; scuole tecniche e commerciali e, per finire, scuole magistrali. Agli inizi degli anni anni ‘80 in Sudan erano attive 5.400 Primary School e circa 1000 Junior Secondary School. Solo 35 erano invece le scuole professionali operative nel paese. La crescita quantitativa indubbiamente ci fu. A livello qualitativo la valutazione è però meno facile. Per sostenere una crescita così elevata è quasi naturale accettare un certo abbassamento degli standard, cosa che effettivamente si verificò. Se non fu possibile ottenere l’istruzione obbligatoria per tutti i bambini in età scolare, si può dire che dei grossi progressi furono compiuti.

 

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Trade and Technical School
 Wau 1960 c.
F3/21/215

 

 

 

 

L'educazione nel sud secondo M. O. Bashir

Ma, a parte queste considerazioni, il maggiore problema era quello rappresentato dalla presenza nel paese di due realtà, quella del nord e quella del sud, diametralmente opposte. Lingue d’insegnamento, programmi scolastici, manuali e preparazione degli insegnanti erano completamenti diversi. Nel Sud del paese il governo coloniale aveva praticamente appaltato il sistema educativo ai missionari cristiani. Sempre nel sud il numero di scuole e studenti era decisamente inferiore a quello del nord. Il governo del Sudan si impegnò a fondo per limitare queste disparità destinando finanziamenti e personale. A partire dal 1953 alle chiese cristiane venne gradualmente tolta buona parte dell’autonomia di cui avevano goduto in passato. Un processo di nazionalizzazione delle scuole private venne portato avanti con decisione. I libri di testo vennero scelti dal ministero, mentre l’arabo venne scelto come lingua che si sarebbe gradualmente imposta a livello educativo.
Ma lo sforzo di eliminare le differenze tese spesso a trasformarsi in un tentativo di omologazione dei gruppi del sud alla cultura arabo musulmana. Un tentativo che venne fortemente risentito dai supposti beneficiari. Un altro punto, che parve non venire pienamente compreso dalla dirigenza di Khartum, fu che l'eventuale rilancio del sistema educativo nel sud non dipendeva tanto dall'eliminazione dei missionari e dall'islamizzazione dei programmi, ma da un cambiamento delle condizioni generali dell'area. Solo attraverso mutazioni strutturali la popolazione avrebbe avvertito l'importanza dell'educazione, aderendo agli sforzi governativi volti all'estensione del sistema. In mancanza di questi cambiamenti, gli anni spesi a scuola continuavano ad essere considerati come inutili, dannosi e possibilmente da evitare.
Non è questa la sede per affrontare le cause che scatenarono la guerra civile nel Sud del paese. E’ chiaro però come l’instabilità provocata dal conflitto minò profondamente le capacità della struttura educativa nel sud. A partire dal 1965 la maggior parte delle scuole furono chiuse o conobbero lunghi periodi di interruzione. L’unico periodo di relativa calma fu dal 1972 al 1983, che fu poi interrotto dalla ripresa della guerra civile. Tra l’altro verso la fine degli anni ‘70 l’economia del paese entrò in una fase negativa che influì notevolmente sulle disponibilità finanziarie del governo.
Oltre a minori risorse da destirnare  al sistema educativo, la società sudanese non fu più in grado di offrire adeguate opportunità di lavoro. Una parziale soluzione venne trovata nel massiccio esodo verso i paesi confinanti e l'area del Golfo. Con la manodopera più o meno qualificata si spostarono però anche un gran numero di professionisti. Questa tendenza indebolì ulteriormente la società sudanese.
Il sud Sudan agli inizi degli anni ‘80 presentava segni di un evidente decadimento della struttura scolastica. Pur avendo il 25,6% della popolazione il sud poteva contare solo sul 10% delle scuole primarie del paese, il 6,5% di quelle intermedie e il 7,8% di quelle secondarie. Tutti indicatori che non facevano presagire nulla di buono. Impressione confermata dal livello qualitativo dell’educazione impartita come dimostra la bassa percentuale di riuscita ai vari esami. Questa limitazione precludeva ai sud sudanesi l’accesso agli studi universitari rendendo ancora più sensibile il gap fra le due parti del paese.

 


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